domenica 29 aprile 2012

La bambola

                                                                                                                     17 aprile 2006
                                                                                                 Fase: "cotte adolescenziali"

Sono seduta in camera mia. Sotto questo foglio le righe che raccontano la storia e il pensiero di S. Tommaso scorrono, senza che io abbia voglia di studiarle.
Così mi trovo ad osservare la bambola di ceramica che mia nonna mi ha portato dall’America. È indiana e bella.
I suoi capelli neri scivolano deliziosamente sulle spalle, avvolti da due fiocchi castani, intonati ai suoi occhi, che ne fanno due codini.
IL suo viso è perfetto: riproduce dei lineamenti di una bellezza quasi imbarazzante.
Ma è finta.
Il suo sguardo è perso nel vuoto, fisso. E le palpebre non sbattono. La sua espressione è assente, anche se bella.
Il suo viso, perso e lontano con i suoi pensieri, sembra il mio.

Poco fa,infatti, mi ero incantata a guardare il muro, bianco, davanti a me, prima di incrociare i suoi occhi e di trovare questa similitudine.
Le mie guance, però, non sono paffutelle e color argilla come le sue, ma rosse perché ho appena finito di piangere.
I miei capelli, castani come i miei occhi, rivelano un po’ lo stato del mio spirito: pieno di vita ma stanco. I boccoli si agitano ripetutamente vicino alle orecchie, ma non sono voluminosi, bensì si lasciano andare.
Il mio viso non rispecchia la perfezione della bambola, ma è pieno di difetti.
E il mio pensiero non vola smarrito lontano, ma torna indietro a rivivere in miei ricordi, vicini. La mia mente è naufragata a ieri sera. Non avrei mai scommesso di trovarmi a piangere nel gabinetto di un cinema. E avrei perso.

I brutti momenti di ieri sera sembrano proiettati sul muro bianco davanti a me. Non mi fanno studiare. Ma pensare.
Pensare perché a volte stiamo male per niente o per cose futili, come quando il ragazzo che ti piace non vede altro che la tua bellissima amica. Eppure ci sono cose molto più importanti. Allora mi sento stupida.
Ho tutto, ma niente. Non riesco a capire cosa voglia questa vita da me. Non riesco a capire perché ho singhiozzato in bagno in quel modo. Non riesco a capire perché oggi c’è il sole, e in me piove.
Ne ho passati di brutti momenti, e non per sciocchezze simili. Nonostante ciò: sto male.

Mentre i miei occhi si stanno inondando di lacrime, la bambola sfoggia la sua serenità.
Sembra mi stia sorridendo. È dolce.
Il suo contorno bocca, così perfettamente delineato sembra voler concorrere contro il mio, che il rossore del viso, a causa delle lacrime, fa sparire, sfumandolo.
"Passerà" dico tra me e me. Poi sorrido e giro la bambola in modo che mi guardi negli occhi. Mi sento una sciocca.
Il suo vestito è castano con delle perline colorate che lo rallegrano. Mi fissa.
Io ho su una vecchia tuta da ginnastica, nera.
Ma non le importa perché mi guarda negli occhi. Forse sta confrontando i nostri pensieri.


Porca miseria, com’è strana!
Cosa devo fare? Qual è il mio obiettivo? Che senso ha studiare così senza avere un sogno dietro?
Ma io ho un sogno.
I lineamenti della bambola improvvisamente cambiano e diventa bionda, o meglio biondo.
Non sono impazzita, la mia memoria è andata ancora più indietro nel tempo e il muro ha messo in scena uno spettacolo di tre settimane fa: un amico mi sorride e mi dice: “Devi aver forza, bimba. Per dimostrare agli altri quanto vali, io credo in te.”
Trasalgo. La bambola sembra aver vissuto al mio posto per questi minuti. Per questo breve tempo non è stata più finta: ha vissuto in me, mentre io rivivevo dei momenti che ormai sono storia.
Sorrido. Lei mi guarda.  “Ha ragione” le dico.
“Grazie” sussurro tra me e me.
Grazie bambola, grazie amico...

Chiara

mercoledì 25 aprile 2012

Peter Pan: dall'infanzia alla crisi di mezza età

                                                                                                            24 aprile 2012

Tanto tanto tempo fa, ai tempi del liceo, la professoressa di letteratura italiana, ci assegnò in classe, come esercitazione, un tema da svolgere seguendo la tipologia B.

Excursus.
Che cos'è la tipologia B? E' necessario precisare, per chi non lo sapesse, che al liceo scientifico (non so negli altri) la prima prova dell'esame di maturità è, appunto, scrivere un tema. Abbiamo ben 4 tracce da cui attingere ispirazione:
- tipologia A : analisi del testo letterario;
- tipologia B: saggio breve o articolo di giornale a scelta, di uno dei seguenti ambiti: socio-politico, letterario, socio-economico, scientifico. Per svolgere questo tipo di tema si hanno delle "tracce", o meglio degli articoli di giornale che sostengono varie tesi. Lo scrittore deve riportare tali tesi nel tema, citandole esplicitamente e sostenere, o meno, tali opinioni.
- tipologia C: tema storico;
- tipologia D: tema argomentativo d'attualità.
Fine excursus.

L'insegnante ci dette materiale sull'ambito socio-economico: in questi articoli si parlava, riportando veri e propri dati statistici e alcune interviste, del fatto che "gli uomini abbandonano il nido materno più tardi rispetto alle corrispondenti fanciulle coetanee". Da qui uno dei miei titoli più belli e uno dei miei saggi brevi più femministi: "Peter Pan è maschio". :-) Erro? Ma nooooo!!! Peccato che il tema era di esercitazione, altrimenti chissà che votone che avrei preso... ahahahahah :-). Non divaghiamo.

Ed eccomi, dopo qualche anno, a riflettere (di nuovo) su questa considerazione: il fatto di essere i cucciolotti preferiti della loro cara mamma (sicuramente tanto amata dalle rispettive nuore), prima o poi dovrebbe finire, poiché i cuccolotti si dovrebbero trasformare in uomini. Ma aggiungo una nuovo pezzo a questa riflessione. Sicura di affermare il vero, credo che molti già partano con il piede sbagliato: non si trasformano in uomini, ma passano dalla fase "cucciolotto" a quella della "crisi di mezza età". Da cucciolotto della mamma a cucciolotto della moglie, per poi sbocciare in un patetico bruco, che pensa di essere farfalla, e che,ovviamente, non sa volare da solo, ma, convinto di esserne capace, ci prova, mentre tutti lo deridono.
Lo so: molti staranno pensando: "Ho un lavoro, guadagno!! Mantengo mia moglie!" . Vi svelo un segreto: essere uomini non significa questo! Ma per chi la pensa così, non capirà mai il senso delle mie parole, quindi non mi dilungo su "cosa significa essere uomini".
Comunque, torniamo ai nostri omini in crisi: essi stessi si definiscono dei Peter Pan, ma sbagliano. 

Peter Pan è un bambino che si rifiuta di crescere. Il che implica che non cresca. In altre parole: egli non invecchia: né nello spirito, né nel fisico. Se vi manca una di queste due qualità, vi informo che non siete Peter Pan. Voi non vivete sull'Isola che non c'è, perché, appunto, non c'è, e non siete a capo di una compagnia di bimbi sperduti, non avete a che fare con sirene (anche se vi piacerebbe, e questa è una delle tante prove che non siete Peter Pan), né con fate, né con pirati e, nonostante la vostra grande virilità, sono anche convinta che non avete tagliato la mano di Capitan Uncino per poi gettarla ad un coccodrillo. Soprattutto: non volate.  Non ci provate, perché, come ho anticipato nella metafora del bruco-farfalla, credete solo di essere una farfalla, ma non lo siete, e sarete derisi.

Derisi, ho usato il termine corretto. Condivido pienamente la teoria di Pirandello sulla differenza tra comico e umoristico. Infatti se il vostro osservatore è una persona comica, che non sa andare oltre nella realtà, sarete i soggetti di una grossa risata, perché quello che di voi verrebbe notato, sarebbe la situazione contraria a quella che dovrebbe normalmente essere.
Invece se sarete sottoposti ad una considerazione meno superficiale, farete riflettere il vostro osservatore, che sorriderebbe in maniera tenera, compassionevole e comprensiva (cioè: capisce perché lo fate, anche se, magari, non lo condivide). Questo è l'umorismo: capisce la fragilità umana e le debolezze che l'affliggono. L'umorismo è meno spietato del comico che giudica in maniera immediata.
Pirandello fa proprio esempi inerenti a questo post (la teoria dell'umorismo), che non riporto per ragioni di lunghezza, ma potete sempre andare a leggere.
Cito Pirandello: "non ci fermiamo alle apparenze, ciò che inizialmente ci faceva ridere, adesso ci farà tutt'al più più sorridere." All'inizio di questo post sono stata abbastanza comica, ho provocato molto, e mi sono divertita, ma ora è il momento di essere umoristica.

Mi ha ispirato questo post il notare il dispiacere che alcuni uomini hanno nell'invecchiare.
Posso solo immaginare quanto possa essere brutto sentirsi ancora arzilli, nonostante si invecchi e vedere che l'aspetto esteriore, invece, cambia. Tuttavia bisogna accettarlo. Anzi: bisogna esserne felici, perché si è vissuto, si ha avuto la fortuna di arrivare ad un età in cui molti non si avvicinano nemmeno, perché avete guadagnato tanto da ogni vostra ruga, perché è segno di un sorriso o di un pianto. 
Beh, il gentil sesso non ha tanto da ridere, sapete... siamo noi che abbiamo iniziato questa crociata contro le rughe e focalizzata all'anti-age. Noi donne abbiamo solo dimostrato di non aver dato retta ad Anna Magnani, una delle più grandi attrici del cinema italiano e mondiale, quando disse ad una truccatrice:
"Non mi copra queste rughe! Ci ho messo anni ed anni per farmele venire!".

                                                     Anna Magnani

Con un grande sorriso,
Chiara

lunedì 23 aprile 2012

E' possibile amare così tanto?


                                       Giugno 2005, rivisionato il 22 aprile 2012

«Possa detestarsi in preda ai tormenti!», gridò lui con una veemenza terribile, battendo il piede e gemendo in preda a un improvviso parossismo di incontrollabile passione. «Ah, ha voluto mentire fino alla fine! Dove si trova? Non lassù… non in cielo… non tra i defunti… dove? Hai detto che non ti importava nulla delle mie sofferenze! E io recito una sola preghiera… e la ripeterò finché la lingua non mi diventerà rigida… Catherine Earnshaw, possa tu non avere riposo finché io vivrò! Hai detto che sono stato io a ucciderti… perseguitami allora! Gli assassinati perseguitano i propri assassini. Credo… so che altri fantasmi hanno vagato su questa terra. Sii con me sempre… assumi qualsiasi forma… fammi impazzire! Ma non lasciarmi, ti prego, in questo abisso, dove non posso trovarti! Oh, Dio, è un dolore indicibile! Non posso vivere senza la mia vita! Non posso vivere senza l’anima mia!»
Batté la testa contro il tronco nodoso; poi arrovesciati gli occhi, si abbandonò a grida che nulla avevano di umano ma erano quelle di una bestia feroce, trafitta a morte da lance e coltelli.
-Cime tempestose- Emily Bronte
                                 Foto tratta dal film "Cime Tempestose" prodotto dalla Rai nel 2004.


Amare. Amare talmente tanto da augurare al tuo amore di non morire in pace.
Amare. Amare e pregare perché il tuo amore ti perseguiti, sempre, fino alla tua morte.
Amare. Amare, pregare e farsi del male perché ciò che era dentro di te, ormai fermo, stabile, fisso, che ti avvolgeva immensamente, ti è stato strappato. Strappato via, con forza, ma tu… ma tu non sei andato con lui, non te l’hanno permesso. Sei rimasto qui, solo, incompreso. Preso da un dolore indicibile hai urlato, gridato, detestato tutti e tutto. Perché loro riescono ancora a vivere, e tu no. Allora sei stato preso dalla furia di una bestia, che vagava afflitta per il mondo alla ricerca del dolore di uno che amava quanto te.
Oh, Heathcliff, come potrai far capire agli altri che amare è si essere altruisti, sperare il bene del tuo amore e non augurargli del male, ma anche incontrollabile passione, gridare, urlare, farsi del male e restare vuoti quando l’altro scompare? È così grande il deserto che è rimasto dentro di te che non puoi vivere senza quella che ormai era te stesso e che ormai era la tua anima.

Ormai, al giorno d'oggi è difficile sentire parlare di amori così grandi, così incredibilmente passionali. Ormai il "per sempre" è relativo, e i problemi si superano con i divorzi... eppure, in qualche angolo del nostro cuore tutti sperano di essere così unici per qualcuno, così speciali per una persona, e di avere la mente offuscata da quell'amore. La cosa più difficile, secondo me, è il saper lasciarsi andare davanti a una realtà che non aiuta nessun amore, anzi. Chissà se la mia generazione sarà capace di tornare ad amare veramente, a dispetto delle precedenti, a dispetto di quelle di oggi. E' credere nelle fiabe questo? Forse, ma forse è solo sperare in una realtà migliore.

Chiara


                                        John William Waterhouse - Miranda-The Tempest 1916
                                        Immagine usata da molti editori come copertina di Cime Tempestose. 
      Per chi ha letto il libro, anche se il mare non centra, è molto rappresentativa per le emozioni che suscita.

Parenti serpenti??

                                                                                                           22 aprile 2012

Buona sera a tutti! Titolo provocatorio, come avete letto! :-) Sinceramente non so quanto questo detto popolare, che credo si preso dall'omonimo film di Mario Monicelli, sia vero, anche se so che per molte persone lo è, non in tutte le famiglie è come nel film, almeno spero! Come sempre generalizzare è sbagliato, ma comunque,  credo che la maggior parte delle persone che abbiano litigato con dei parenti sia per una questione economica, e non mi voglio addentrare in questo abisso di esempi. Altro forte motivo di litigio è la questione matrimonio: ai parenti di uno dei due innamorati, non piace il compagno scelto dal loro familiare, ma anche su questo passo oltre. Di cosa voglio parlare allora?
Di quanto non mi piaccia affatto questo detto popolare! Io la penso come Cristopher   Lasch: “La famiglia è un’oasi in un mondo spietato.”. Spesso infatti mi rendo conto che sono più i fattori esterni ad essere nocivi per noi stessi: le persone che noi scegliamo di avere accanto sono più dannose rispetto a quelle assegnateci dal destino (?)*. E ciò è incredibile. Sarà forse quel legame di sangue a farci sentire così protetti? Sicuramente si, ma ho omesso un dettaglio fondamentale: ci sono ovviamente eccezioni, famiglie orrende e parenti che sono davvero serpenti, questo post parla delle famiglie che ho conosciuto io. Non parlo di mamma, papà e stop, ma di tutti i parenti annessi.
Ogni persona che ho nella mia famiglia, o nelle famiglie di cui ho fatto parte, è speciale. Ognuna ha un sorriso suo, un suo modo di pensare e di scherzare. Eppure mi sento sempre un pesce fuor d'acqua. In tutta la mia famiglia ci sono sorelle che hanno rapporti spettacolari: sorelle che guardano film davanti al caminetto e decidono di dormire lì sul divano con il sacco a pelo, sorelle che vanno a trascorrere una giornata alle terme, sorelle che portano i figli a scuola insieme, sorelle che anche quando litigano sono sorelle, sorelle il cui sguardo complice indica che sono sorelle. Sorelle che sono le prime a farti sentire parte di quell'oasi di Cristopher   Lasch. Ogni tanto mi manca avere una sorella, e purtroppo sono gelosa delle sorelle della mia famiglia. Tanto, perché per quanto mi facciano sentire bene, non sono mai considerata totalmente una sorella. Fortunatamente ci sono parenti che mi fanno sentire coccolata, forse perché avvertono la mia solitudine, e famiglie che mi hanno sempre fatto sentire speciale. A volte il modo di abbracciarti di chi non è tuo consanguineo, è ancora più forte e sembra davvero di avere un legame indissolubile, famigliare. Eppure, ogni tanto, ascolto storie di sorelle che non si parlano, di fratelli che dicutono per giorni, e mi sale la rabbia perché: chi ha questa fortuna come può buttarla via così? Lo fa perché i parenti sono serpenti? O perché ci mostrano, più di altri, una verità che non vogliamo vedere? Cioè.... che chi lo pensa è come chi lo è? 
Chiedo scusa per la confusione di questo post, che è un abisso di mille pensieri (le famiglie della mia vita, la mia famiglia, la sorella che non ho), ma che sicuramente approfondirò...prendetelo come un anticipo di 3 futuri post.... per concludere, spero di riparare con questa citazione spettacolare: 

-         Una famiglia è un posto dove le anime vengono a contatto tra di loro. Se si amano a vicenda la casa sarà bella come un giardino di fiori,ma se le anime perdono l’armonia tra loro, sarà come se una tempesta avrà distrutto quel giardino.” Buddha.
      A presto,
      Chiara


*Sarà poi il destino ad assegnarcele...o Qualcun altro? Magari in uno dei futuri post parlerò di questo.

mercoledì 18 aprile 2012

La poesia del rapimento

15 novembre 2011

Rapimento è un vocabolo usato in maniera negativa. Accade quando si viene presi contro la propria volontà. Eppure è molto di più. Essere rapiti da qualcosa è un brivido che pochi hanno l’onore di subire. Ho usato i termini corretti; infatti non si decide, è qualcosa di violentemente passionale, travolgente, ammaliante, affascinante, irresistibile… qualcosa che nemmeno mille sinonimi possono descrivere alla perfezione. Perché? Perché è un’emozione. È inspiegabile. Non si decide, non si giudica, se ne è posseduti e basta. Ed è una sensazione incredibilmente meravigliosa! Per questo ho scritto sopra che è un onore subire un rapimento. (Credo sia palese che non sto parlando di un sequestro di persona fisico, con motivazione di riscatto o vendetta).

Voglio essere rapita! Voglio continuare così: ascoltare una canzone e non riuscire a staccarmene perché è troppo impetuosa nella mia mente. Esattamente come una poesia con un sottofondo melodico, che, al posto che essere immaginato, esiste davvero nella  congiunzione perfetta dell’anima di colui che la scrive e di chi la odora. Le parole e le note accostate secondo delle linee precise pur non seguendo regole, pur non seguendo dei parametri fissi, riescono ad essere incredibilmente affascinanti, ma anche questo aggettivo mi risulta riduttivo .

È questo che mi piace della poesia o della musica. Il passare ore su ore a decidere la parola o la nota giusta da posizionare in quel punto, in quell'istante. Stop. Le parole accostate, socchiuse l’una all'altra hanno il potere, la magia addosso che null’altro ha. Riescono a dire tutto se le ami, e nulla, se non le capisci. Sono incantate, melodiche, spesso sbagliate e spesso incredibilmente assolute e perfette. Come le dita di un neonato, così piccole, ma così profondamente grandi per ciò che rappresentano. Le parole sono così: semplicemente uniche! La cosa che più mi piace è che esse si possono scegliere. Soprattutto se scritte. Se scritte, se ragionate, se meditate possono davvero dire tutto. Bisogna stare attenti però: una citazione infatti sostiene che “Una parola detta non può tornare indietro.” Perché è detta.  Sono pericolose quanto belle, le parole. Le parole... le parole più belle sono quelle pesate, ponderate, riflettute, dette perché vanno dette. E quelle accostate, cioè quelle nate lontane, ma messe vicine per scelta sono quelle che mi fanno impazzire perché sono tanto meditate quanto spontanee (sì: è una bella e buona contraddizione che pochi potranno comprendere). Eppure stanno così bene insieme. Come due amanti: l’uno senza l’altro non vivrebbero perché non riuscirebbero ad esprimersi nella loro forma più totale. E così sono poesia. E la poesia è reale, come un servizio al telegiornale.  È la cronaca dell’irrazionalità, delle emozioni. Le tanto agoniate emozioni! E' come se questa fosse un'isola poetica, perché credo che il rapimento sia poetico, romantico. Quindi sono convinta che la poesia centri qualunque sia la natura del rapimento: letterale o musicale, ma io trovo che entrambe siano così intimamente connesse, così intimamente poetiche. Quando si arriva su quest’isola, ci si innamora dei rapitori, non per la sindrome di Stoccolma, ma perché si comprende a pieno la loro magia. Sì: il rapimento è poetico e al tempo stesso conduce su un'isola di poesia dell'anima. 


                                                   Viandante sul mare di nebbia* di Caspar David Friedrich

Dedicato a chi ama le parole e le note...a chi ama la poesia dell'arte...
Chiara

*Ho scelto questo dipinto per come mi fa sentire....perchè penso sia molto rappresentativo dello stile romantico a cui ho fatto riferimento nel testo. Per trovare spiegazioni vi rimando a qualsiasi libro di arte. 

lunedì 16 aprile 2012

Il Casanova moderno è donna

                                                                                                                                           16 aprile 2012

Stasera sono particolarmente ispirata nel sfatare un altro mito (oltre a quello del "E vissero felici e contenti." di ieri). Potrà risultare banale a molti, tuttavia ho deciso di scrivere comunque questo post, sia come ricordo personale dei miei pensieri quotidiani, sia per aiutare chi è " in crisi". Tuttavia non sarà nulla di grandioso ma solo mie considerazioni. 
Si parla tanto della storia di Giacomo Casanova, ricordato più per la sua esperienza in campo seduttivo, che per le sue opere (forse perché la sua principale composizione, se non erro, "Storia della mia vita" narra con la massima franchezza le sue avventure, i suoi viaggi e i suoi innumerevoli incontri galanti. -Cit. Wikipedia-). Ma, udite udite, il titolo è, ovviamente, provocatorio: è pieno di "donne Casanove"! Ebbene, ascoltando molti miei amici, ma anche molte amiche, mi accorgo, con grande sorpresa, che ci sono molte ragazze andate a lezione dai loro amici maschietti. Eppure, si sente spesso usare appellativi spiacevoli per descrivere il sesso forte, quando, in realtà, è ora di renderci conto, che da loro, molte donne, hanno imparato le cose peggiori. Ci sono dame, o come direbbe mia nonna signorine (e non intenderebbe sicuramente "donna non ancora sposata".... a voi l'uso dell'immaginazione), che posano il loro piedino fatato non in una scarpetta di cristallo....ma in stivali di vario genere. Quindi tutto questo generalizzare nei confronti degli uomini è totalmente errato. Si, gente: il Casanova della nostra generazione è una femminuccia! Femminuccia perché? Fino ad ora ho usato il termine donna come sinonimo di "persona di sesso femminile". Ma ho commesso un errore. Le Donne, quelle vere, con la D maiuscola (cerco di enfatizzare la cosa), sono altre, e se dovessi scrivere chi sono per me le vere donne andrei avanti venti pagine e non è il caso. Tuttavia sono sicura che con la vostra intelligenza potete arrivarci da soli a comprendere chi per me rientra in questa categoria
Spesso le vere donne si abbattono davanti a qualche Kg di troppo, ad un seno troppo piccolo... si abbattono perché non si sentono apprezzate  per la loro morale,  per la loro estetica, tanto fondamentale in questo mondo. Allora, per queste donne, ripropongo quello che ho appreso oggi da un incontro con un amico di famiglia. 

Care donne, anzi: care vere donne,
non pensate che tutti gli uomini siano uguali, o forse dovrei dire che tutti i maschi sono uguali: come ci sono vere donne, ci sono veri uomini. Questi sono gli uomini che non si incantano con la bava alla bocca davanti alle Veline, ma che gli viene l'acquolina quando vedono un vostro piatto cucinato con il vostro amore. Questi sono gli uomini che vi stanno accanto quando vi sentite brutte ripetendovi che quei 5 Kg non si vedono e che in bikini siete, comunque, una favola. Questi sono gli uomini che vi apprezzano per come siete e per i sacrifici che fate ogni giorno, sono gli uomini che amano la vostra pancetta, per aver portato in grembo il loro bambino. Questi sono gli uomini che non si incantano davanti alle vostre tette che vorrebbero farvi rifare, ma davanti alla vostra meravigliosa intelligenza, davanti al vostro sorriso, davanti alla vostra anima. I veri uomini si innamorano di voi, non perché a letto siete delle grandi, ma perché gli avete insegnato a fare l'amore. Questi uomini sono quelli che non parlano di tette, culi, fianchi e pancia, e che non gli brillano gli occhi davanti all'immaginazione del culo di una brasiliana o alla farfallina di Belen, a questi uomini brillano gli occhi davanti alle donne vere
Care donne, care vere donne, questi uomini esistono...e sono i veri uomini: gli unici che meritate!

Donne vere e veri uomini, non smettete di cercarvi: Casanova esiste sia sotto forma maschile sia sotto forma femminile,e, se lo/la incontrate, salutatelo/la e cercate la persona vera che vi sa apprezzare per come siete. 
Un bacio,
Chiara

(...) E vissero per sempre felici e contenti.

                                                                                                                                           15 aprile 2012

"(...) E vissero per sempre felici e contenti." Con fiabesca citazione apro il mio quarto post...Come mi sento moderna ad utilizzare queste termini.... Comunque, non divaghiamo! Dicevo, questo post vuole sfatare (?) una volta per tutte il mito che, soprattutto le ragazze, bisogna ammetterlo, si portano con sé fin da quando erano bambine, sostenendo che sia proprio il finale più famoso delle fiabe ad averle illuse riguardo al loro futuro. Ragioniamo con calma, anzi partiamo proprio dal principio.
La classica fiaba del principe azzurro a cui la maggior parte delle girls aspira non è del tutto fasulla. Chi di voi non ha mai letto o guardato il film: "La verità è che non gli piaci abbastanza."? Bene, leggetelo o guardatelo. Infatti, questo libro, poi tradotto in film, non fa altro che essere il più esplicito possibile sulla fiaba del principe azzurro. In poche parole: se piacciamo ad un uomo, questo si comporterà per davvero come il famoso e ambito sposo citato sopra; ovvero: non rinuncerebbe alla sua principessa per nulla al mondo (certo, a meno che non scopra che questa, in realtà, sia una strega....... parliamone: non ci sono solo i cattivi ragazzi, i bad boys, ma anche tante stronze girls). Comunque, considerando la classica situazione che ovviamente noi donne riproponiamo all'infinito: se un ragazzo vi vuole: non vi tratta male e non vi lascia, per nulla al mondo. Ed è lui il vero principe azzurro, colui del quale dobbiamo fidarci, colui del quale non ci dovrebbe importare se arriva a bordo di un grande cavallo bianco o di un piccolo pony nero. Tuttavia, spesso ci facciamo influenzare da fattori esterni, e ci dimentichiamo completamente che le fiabe sono, in realtà, metafore che dovremmo sforzarci di capire, e, appunto, questo libro e il suo relativo film, ci danno la pratica dimostrazione di ciò.
Ma eccoci al clou del discorso: una volta chiarito il concetto che le fiabe possono realizzarsi e che il principe azzurro esiste, arriviamo a sfatare il mito del "(...)E vissero per sempre felici e contenti." Anzi, mi correggo: io non lo voglio sfatare, ma confermare, ancora meglio: provare a spiegarlo! Che responsabilità del cavolo! Ahahahah. Allora, ragioniamo: c'è forse scritto: "Il principe e la principessa non litigarono mai."? "Il principe e la principessa non affrontarono mai un periodo di difficoltà." ? NO. C'è scritto che vissero per sempre felici e contenti, il che può benissimo voler dire, e questa è la mia interpretazione, ma invito tutte a crederci: che ci saranno momenti no, che ci saranno litigi, che ogni tanto penseranno "Ma chi me lo ha fatto fare?", magari ci saranno anche periodi tristi. MA li affronteranno e li supereranno sempre e, per giunta, insieme! 
Non avete capito? Il finale delle fiabe, il leggendario "E vissero per sempre felici e contenti", tradotto secondo la mia versione, sarebbe:

"Il principe e la principessa capirono di essere quelle due persone fatte proprio per stare insieme, esattamente loro due, perché si leggevano dentro. Decisero quindi di farsi la promessa che qualsiasi cosa sarebbe mai accaduta, mai si sarebbero lasciati. Si promisero di essere reciprocamente fedeli sempre, nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia e di amarsi e onorarsi tutti i giorni della loro vita. Così fu per molto tempo, anzi per sempre. Ma vi dirò: ci furono momenti di grande difficoltà, momenti di sconforto e momenti di solitudine anche se nessuno dei due era, in realtà, solo. Nonostante ciò, ogni sera ciascuno si rammentava la promessa fatta, ma soprattutto si ricordavano che l'amore che li legava  superava ogni ostacolo. Continuarono ad onorare sempre la promessa fattasi, ma non perché era un contratto, ma perché ogni giorno della loro vita si rendevano conto che quel giuramento lo avrebbero ripetuto tutte le sere e tutte le mattine perché, nonostante le avversità, volevano stare insieme per sempre,e così fu."
Le fiabe esistono e la magia che esse contengono è dentro di noi, è dentro quell'amore, che una volta trovato, bisogna coltivare tutti i giorni, e, solo allora, durerà davvero per sempre.
Il "E vissero felici e contenti" esiste. Non smettiamo di credere nelle fiabe, per piacere. 
A presto,
Chiara

venerdì 13 aprile 2012

La mia casa dei ricordi

                                                                                                                                           12 aprile 2012

Ci sono tanti tipi di case: la casa delle bambole e la casa di Barbie. La casa dei fantasmi, la casa degli spiriti, la casa delle ombre e la casa degli specchi. Poi ci sono le case dei sogni, che sono quelle case da fiaba che vediamo in molti (nuovi) programmi televisivi, che di reale non hanno quasi nulla, nemmeno una foto dei proprietari, ma solo quadri astratti.
Beh, io voglio parlare della casa dei ricordi. La mia casa dei miei ricordi.
Tutti, da bambini, memorizzano inconsciamente un odore, un suono, un gusto, un arredamento, una sensazione. Da adulti, basta un frammento del proprio dolce ricordo per far avere un flash back di quel lontano momento di vita. Si passa dal ricordo dell'odore dell'erba tagliata, al profumo della pasta fatta in casa della nonna, al cigolio di una porta, alle urla del proprio nome perché era stato combinato un guaio, al sapore di un gelato o di caramelle che adesso non si trovano più, alla visione di quei mobili vecchi e di quei divani tanto scomodi, seppure, in quel distante ricordo, tanto comodi. 
La mente ha sempre custodito quel caldo istante in uno dei suoi molteplici chioschi segreti, ma basta un lampo scatenato da qualsiasi cosa per smuovere quello che era stato celato fino a quel momento. 
In genere tali pensieri sono dolci, caldi, teneri e un po' malinconici, di quella malinconia gentile che è giusto esista. Però, ogni tanto, quella stessa malinconia si trasforma in una tristezza che fa assaporare quello che è stato e mai più sarà. Ed è di questo tipo il mio ricordo.
A dire il vero, non si tratta di un semplice ricordo, ma riguarda la visione di una vita che era e che mi manca: la mia casa dei ricordi. La casa dei ricordi è la casa dove sono cresciuta, dove ora abita solo mio papà.
E' diventata una casa vuota dove manca una bambina che corre su e giù per le scale, dove manca una mamma in cucina, dove manca un papà che taglia l'erba, dove manca un cane che insegue una bambina, dove manca un'altalena sotto il porticato e un'edera che si arrampica per fare ombra, dove mancano il citofono e il telefono suonare. Dove manca la vita. Dove manca quella "famiglia del Mulino Bianco", che ha smesso di essere famiglia tanto tempo fa. 
Ora quando entro in quella casa vedo cose che non riconosco, che neppure avevo immaginato, vedo foto che non mi rappresentano, vedo una casa in ombra, una casa fredda, una casa che sembra essere sbiadita negli anni, come se non avere più colori vivaci sia una forma di protesta della casa stessa. E' una casa spenta, desolata, sempre chiusa e sempre sola. E' sufficiente uno sguardo dall'esterno per vedere che quella casa è stata un grande ed accogliente nido, che ora non è più così. Ed è la casa stessa che trasmette infelicità, anche se sembra una cosa da pazzi detta in questo modo, giuro: è davvero così. Mi dispiace, mi dispiace così tanto sapere cosa c'era prima e vedere che ora non c'è più. Entrare nella mia casa dei ricordi è doloroso, ma l'unica gioia è che un domani la mia casa dei ricordi possa diventare la custode del mio dolce presente e che possa realmente essere di nuovo una casa felice, che, semplicemente ha vissuto un brutto periodo. Diverrebbe così la mia casa dei sogni, di quelli reali, piena di tutto ciò che di vero e bello esite. 

mercoledì 11 aprile 2012

Armonia sussurrata solo da ricordi.

                                                                                                                                           11 aprile 2012

Ogni tanto capitano a tutti quelle giornate un po' particolari in cui si pensa: "Oh mondo*, che sfortuna!".
Il momento clou della giornata arriva quando si desidera più di ogni altra cosa comunicare a qualcuno di importante qualcosa, ma lei, o lui, fa passare completamente la voglia, non solo di dire quella particolare cosa, ma proprio di comunicare in generale.
Spesso (ma non volentieri), si pensa di essere talmente affini con qualcuno che ci si dimentica che, comunque sia, si è due persone diverse. Ci sono sì, momenti di unico feeling, ma che, appunto, sono "momenti". Possono essere uno, due, tre o molteplici. E, in quest'ultimo caso si cade nella cosiddetta confusione: sembra di essere così legato a quella persona che sembra L'unica in grado di comprendere; eppure, durante certe giornate, e se si è più sfortunati, durante certi periodi, si perde tutta l'armonia. Questo vuoto lascia ampio spazio alla delusione. Il problema è che spesso non si sa come manifestare questo sentimento. Io, purtroppo, non parlo e mi allontano. La cosa peggiore è che non tutti se ne accorgono. 
La delusione è peggio della rabbia, del risentimento, perché l'incazzatura la manifesti o, per lo meno, io la manifesto: è impossibile non straripare quando si è "in piena piena". Ma la delusione è subdola. 
La delusione si nutre degli organi interni, la delusione è quella lacrima che scende quando si va a dormire, quando si stanno chiudendo gli occhi, quando si vorrebbe quello sguardo, quella parola amica che fa capire che non si è soli, perché lei, o lui, c'è. Ma non è così.
La distanza aumenta e ci sono solo i ricordi che sussurrano che una volta eravate davvero vicine d'anima, che una volta eravate in armonia. Purtroppo qualsiasi relazione traballa se basata solo sui ricordi. 
Ma la differenza ambientale può davvero rompere un feeling? E un ricordo?
Sembra di si. Sembra che alcuni poi si dimentichino di chi c'è sempre stato e che continua ad esserci, nonostante la loro assenza. Nonostante ci si dimentichi di chiedere: "Tu come stai?" Ma per davvero! Non con un sms a cui non si risponde, e neppure con un tono di menefreghismo. Nessun rapporto può essere basato su un monologo, e, in un dialogo, entrambe le persone parlano.
Così, piano piano, la delusione prende il sopravvento nello sguardo che, a questo punto, non sarà mai più lo stesso.

Mi sorprende però che ci siano persone che magari non si vedono da mesi, che magari non sono proprio del tutto presenti, ma che, con immenso piacere, lo sguardo è sempre lo stesso. C'è sempre quell'armonia che anche dopo anni e anni, si sa che non passerà, o almeno: lo spero!
Chiara


*"Oh mondo" espressione esclamativa coniata da me medesima per enfatizzare la mancanza di parole. 

Benvenuti

Buon giorno a tutti!!!
Come potete vedere anche io ho aperto io mio blog personale! Ormai sembra essere una moda, o forse un'epidemia, ma trovo sia una forma democratica per esprimere le proprie opinioni e, soprattutto, per poter davvero scrivere le mie idee su quello che più mi sta a cuore.
Facebook e Twitter sembrano più Social Network per comunicare al mondo "cosa si sta facendo in quel preciso istante".... come se sapere che Pinco Pallino è in doccia, mi ravvivi la giornata...."Evviva, si lava anche lui!!" e... se uno non lo scrive, significa che non si lava?
Non fraintendete: anche io sono iscritta ad entrambi, ma mi sentivo limitata, forse perché amo talmente scrivere  che avere un numero esatto di caratteri da utilizzare, mi dava una sensazione di soffocamento. Quindi eccomi qui ad esprimere la mia "logorrea" (?)*.
Inoltre, qui, può leggere tranquillamente chiunque, e se non interessa a nessuno, pazienza, ma almeno sono libera di scrivere! :-) E poi... so che a qualcuno interessa sicuramente: alle mie fantastiche amiche! A chi mi ha dato questa idea, e a chi mi dice, da sempre, che le piace leggere quello che scrivo: la mia adoratissima "picci-ri-picci" Carol!
Devo a lei il titolo del mio blog. Carol mi conosce molto bene e sa quanto io sia affascinata dalle libellule, al punto di pensare di tatuarmene una sulla scapola destra. Perché? Perché volano e possono fuggire, ma anche restare, senza vincoli, ma solo per scelta. Per di più: vivono vicino ai corsi d'acqua, perché si riproducono su piante acquatiche, come le ninfee, e possono anche "cacciare" piccoli pesci. Pensate, si appoggiano sull'acqua e stanno lì a godersi il momento, ma all'improvviso eccole ripartire grazie alla loro "leggera velocità". Come avrete intuito: amo il cielo e l'acqua.
Adesso, con molta pazienza (infatti non ho dimestichezza con la nuova tecnologia), cercherò il modo per creare delle sezioni, in modo da poter scrivere anche dei libri che leggo, dei film che guardo e fare una sorta di "recensione" personale.
Beh... grazie a chi interessa ciò che ho da dire e grazie a chi lo leggerà.
A molto presto, spero! :-)
Chiara

*Questo termine non mi piace affatto. Stava meglio "logorroicità", ma... non esiste! Ahah.