sabato 29 settembre 2012

Sezione divorzi

Mercoledì sono andata al Tribunale di Milano ed è stato abbastanza desolante, la sezione famigliare è abbastanza desolante. Desolante perché tutto quello che si avverte è rabbia, dolore, vendetta, delusione e soprattutto il desiderio di non essere lì. Si avverte un deserto di emozioni positive, e spesso, un vero deserto di emozioni. Ma perché?
Mi hanno detto che io sbaglio in tutto, poiché credo, a 23 anni, quasi 24, che, quando si voglia chiudere un rapporto, lo si possa fare con rispetto, sincerità e buona fede. Invece, ormai, nessun rapporto, finisce nel modo che io credo sia corretto. Devono esserci insulti e tanto dolore. Disperazione. 
Tutto ciò logora l'anima, il cuore delle persone...eppure nessuno si arresta, nonostante, la delusione, la tristezza ci sia in entrambi i cuori...o, almeno: si spera. E, a questo punto, credo che sia questo "si spera" a riempire le nostre aule di tribunale, sezione divorzi, dato che non è una certezza che l'amarezza riempia il cuore di entrambe le persone di una storia...ma si pensa che ad essere arrabbiati si sia soli.
Soli, come effettivamente, resta sempre una parte del cuore dopo la fine di un vero amore.

Chiara 

lunedì 24 settembre 2012

Siate più Terroni

Cari ragazzi del nord...e, perché no, del sud...
mai come oggi sento sempre più reale la discrepanza tra nord a sud. Mi tornano in mente i film di Luca Miniero, in cui Claudio Bisio rappresenta il nord e, Alessandro Siani, il sud, ne: "Benvenuti al Sud" e "Benvenuti al Nord". Siamo tutti italiani, sì, ma con delle differenze.
Oggi ho avuto un'esperienza di "toccata e fuga" con angelo siciliano.
Cari nordici, dite quello che volete, scrivete sulla pigrizia e sulla troppa quiete di "quelli del sud", ma forse, come al solito, prima di criticare, fermatevi e facciamo (tutti) un vero scambio culturale, uno scambio caratteriale, come nei due film comici sopra citati, che evidenziano molte caratteristiche veritiere di questa Italia spaccata, che forse, un domani, sarà più unita...non solo quando gioca la Nazionale di calcio.
Non è una novità l'ospitalità terrona, non è una novità la sensibilità terrona, non è una novità la non-tirchieria terrona quando si tratta di un sorriso, di un abbraccio, di un aiuto economico o morale.
In una società che si fa i cazzi degli altri giusto per il gusto di farseli, i Terroni, spesso, se li fanno per offrirti il loro braccio, non solo la loro mano.
Come in tutte le cose è sbagliato generalizzare, e non voglio attaccare eccessivamente il nord a favore del sud, perché anche al nord esistono persone "terrone" (io spero di essere tra queste), come al sud "nordici".



Oggi, in università, il mio angelo siciliano mi ha seguita in bagno, facendomi aprire la porta, per vedere come stavo. Una ragazza MAI e, ripeto, MAI vista. C'erano miei compagni di corso intorno (non tutti ovviamente)... ma nessuno si è degnato di chiedermi come stavo, e non è che "solo loro hanno una vita", anche questa ragazza siciliana, sicuramente, aveva i suo bel da fare, eppure non ha esitato.
Dolcemente, così come è arrivata, è dovuta scappare, una sorta di Cenerentola che, al posto della scarpetta di cristallo, mi ha lasciato un sorriso.
Grazie al mio angelo siciliano segreto,
e siate tutti più terroni!!!!!!!!!
Chiara

p.s. ho usato il termine "Terroni" per enfatizzare la critica ai "nordici".... con più precisione è usato con modalità positiva.

mercoledì 19 settembre 2012

"Del doman non v'è certezza..."


Nella vita tutto insegue una certa cronologia... si nasce in una famiglia, si cresce in una famiglia, la prima scelta vera è sul tipo di istituto superiore da affrontare e poi (vivamente consigliata al giorno d'oggi) è l'università. Sia alla fine di questa, piuttosto che al termine dell'istituto superiore scelto, si trova un lavoro a tempo indeterminato, spesso dopo un periodo di prova (possibilmente non troppo lungo), si risparmia, si apre un mutuo con un  bravo ragazzo/a che condivide i tuoi stessi obiettivi (s'intende una famiglia ovviamente, crescere i figli nel medesimo modo, mantenendo l'amore tra i coniugi), quindi il matrimonio e appena possibile dei figli e la carriera, oppure uno dei due rinuncia a quest'ultima, per la famiglia (questo dipende da caso a caso, basta essere d'accordo all'interno del nucleo famigliare).

Questo è quello che ci hanno insegnato... questo è quello in cui ci hanno fatto credere, questo è quello che ci hanno detto "essere giusto", "corretto".. perché c'è un ordine a tutto. Ed è vero. Cioè almeno per certe cose, quando il tutto riguarda soprattutto dei bambini è vero: ci vuole un ordine, un marito prima di andare a prostitute o una moglie prima di farsi il capo per far carriera (sono i due prototipi di errore che spesso vengono riportati, ma ce ne sono a migliaia), deve pensare alle promesse che ha fatto, deve pensare ai propri figli, perché, volere o volare, ogni conseguenza ricade su loro.

Ma l'ordine non è sempre così facile da trovare: la strada, il percorso non è sempre così chiaro. Una volta poche erano le figure, i personaggi che si poteva scegliere di interpretare, oggi sono milioni. Ti laurei in una cosa ma non sai se andrai realmente a fare la cosa più ovvia che la tua facoltà ti propone, a volte non ci sono nemmeno strade ovvie. Spesso si preferisce addirittura finire per orgoglio un istituto superiore che si è scelto, ma che non appartiene alla persona in sé, e, al termine, si sceglie di proseguire da tutt'altra parte. Molti sono talmente bloccati, che si fermano e stanno lì: aspettano? Cosa? I sogni che diventano realtà, ma non tutti se lo possono permettere, e nessun sogno si insegue da un divano (ahimè).

Se l'ordine delle cose porta alla termine dell'università o dell'istituto superiore scelto dopo cosa c'è? Non c'è più quello che ci avevano detto ci sarebbe stato. Ma solo spaesamento. Mille curriculum e mille domande. Nessuna certezza.
Ormai non è più nemmeno una certezza la scelta di un amore, perché ci si abbatte così facilmente davanti alle difficoltà che è meno faticoso dire un "Ciao", piuttosto che un "Restiamo". Probabilmente perché si è stanchi delle scelte che è necessario compiere, e perché? Perché nessuno aveva avvertito, previsto tutto questo. Non solo la crisi economica, ma la crisi di una società che non lotta né per un matrimonio, né per uno stipendio più alto. Grazie al cielo c'è chi lo fa, ma la maggior parte no.

 


Senza contare gli imprevisti... oh mondo quelli sono proprio quelli che odio. Sapete, io sono una di quelle che sa tutto. Sono dieci anni che so la specializzazione a cui voglio dedicarmi, so come sarà il mio matrimonio, so dove andrò ad abitare, so a che età voglio il primo figlio, so i nomi dei miei figli e so con chi fare tutto questo.

Oh cielo! Ho usato il tempo presente....e l'ho fatto apposta. Gli imprevisti hanno trasformato tutto in tutto passato. Rileggete il paragrafo sopra e modificatelo con "sapevo". La cosa più fantastica è che i genitori (in generale, non nello specifico dei miei, ma di quello che ascolto) si arrabbiano per gli imprevisti che capitano lungo la strada. Si arrabbiano se non trovi lavoro, si arrabbiano se vieni bocciato ad un esame, si arrabbiano se ti fai male. Eppure quando eravamo piccoli e cadevamo dalla bicicletta loro erano sempre lì. Ora si è grandi e si deve fare tutto da soli, ma ognuno ha il suo tempo. Ognuno è diverso. Ognuno deve seguire se stesso, sempre a non scapito di altri, ma ognuno deve seguire se stesso. Pensano che gli imprevisti si possano comandare, si possano ignorare, ma spesso non è così: sia esso un figlio improvviso (non sono incinta, è per dire), sia esso un po' di disorientamento per le troppe certezze, per il troppo ordine delle cose che ci hanno detto ci sarebbe stato. Spesso non si rendono nemmeno conto di quanto questo spaesamento soffochi i figli, stanno solo lì fermi a criticare. Non solo i genitori, ma tutte le generazioni più avanti. Ma, tutto questo: non l'hanno costruito loro?? Non sono loro ad aver cresciuto la nostra generazione?

Adesso io non so nulla... è probabile che tra un anno sarò in Svezia a spalare la cacca delle renne, oppure ancora qui a scrivere altri post e a studiare. Ma devo avere il coraggio di accettare che non c'è più la terra sotto i piedi, che non c'è più alcuna certezza. Una volta accettato questo, spiegherò le vele e partirò... lo stesso fate voi: accettate l'incertezza e partite... tra dieci anni, forse avremo più certezze, e, spero, la certezza di insegnare ai nostri figli che non ci sono certezze.

Come scrisse Lorenzo de' Medici, Canti Carnascialeschi, Canzona di Bacco  :

«
 Quant'è bella giovinezza,
Che si fugge tuttavia!
Chi vuol esser lieto, sia:
Del doman non v'è certezza »


Chiara

lunedì 17 settembre 2012

In riflessione dalle vostre riflessioni sull'amicizia-parte 2

Parte 2: sfatiamo un mito.

In ritardo di un giorno, ma ci sono! :-)
Dai vostri commenti e dalle vostre storie mi è tornata in mente una vecchia frase, che tanti anni fa si scriveva sulla Smemo, quando ero alle medie, al liceo. Diceva: L'amore chiese all'amicizia: "Tu a cosa servi?" E l'amicizia rispose: "A portare un sorriso dove tu hai lasciato una lacrima." 
Eheheh niente di più falso.. :-)
Chiariamo subito le cose: questa frase, questo detto, va bene se hai 16 anni e si riferisce alle proprie cotte quotidiane, altrimenti è ora di superare la cosa. Ma come? Ci si lamenta tanto della Disney che ha fatto credere nelle vere storie d'amore... ma mai a queste cagate sull'amicizia.
Carol diceva che se l'amore è un'incertezza, l'amicizia è una sicurezza....poi ha aggiunto: "Se c'è". Ho visto storie di amicizie finite male, e in quel momento se non c'era un amore accanto alla persona tradita dall'amicizia, sarebbe stato un vero colpo, nonostante lo sia stato comunque, almeno c'era qualcuno accanto.
Così, come diceva Marco, siamo pronti a credere alle storie d'amore eterne e a quelle finite male, ma soprattutto pagine e pagine spese ad aiutare donne e uomini di tutto il mondo a cercare il vero amore. MA: la vera amicizia? Come si deduce? Come si affronta la rottura con un amico, con un'amica? Nei vostri commenti ho letto tanta delusione scatenata dall'amicizia, tanta amarezza, tanta tristezza. C'è chi è arrabbiato per un'amicizia finita e chi è deluso per un'amicizia non trovata. Tutto ciò fa tanto male, perché se una storia d'amore (nell'epoca attuale, con l'eccezione dei sogni) è quasi normale finisca, un'amicizia non dovrebbe (né nella realtà, né nei sogni), ma lo fa: finisce. Ho letto una frase da una canzone di Laura Pausini, riferita all'amicizia: "(...) è come un grande amore, solo mascherato un po' (...)". Probabilmente è in questo modo che si deve prendere, come una storia d'amore: si inizia con feeling, si inizia per caso, si chiacchiera, ci si vuole bene, si è se stessi e "se va bene, andrà, altrimenti fine". E' triste ma credo sia così.

Purtroppo, Alessia, non si può far molto se una persona non è interessata. Tu puoi provare, ma se...beh io non ho molta stima di tante persone. Anche io ho provato a farmi sentire, a far sentire la mia disponibile amicizia, ma se dall'altra parte non c'è interesse, cosa ci vuoi fare? Nulla. Sai cosa mi è capitato di pensare? "Se dovessi morire ora, e certe persone dovessero venire al mio funerale, giuro che le perseguito dall'Aldilà." Esagero? Oh, io odio l'ipocrisia. Credo proprio, quindi, che ne sarei capace. Sinceramente, dopo, mi calmo e penso: "Povero/a ebete". Hihihi :-)

Non si arriva subito alla conclusione "Povero/a ebete", spesso come ho dedotto da quello che ha scritto Nati, ci si colpevolizza. In qualche modo è vero che se un rapporto finisce la colpa è di entrambi, ma non sempre è così. A volte finisce perché deve finire, perché quel feeling non esiste più. A volte, invece, finisce per colpa di uno/a, quando l'altro ha fatto il possibile... e dopo un po' è normale cedere. Siamo tutti umani e, come non si possono inseguire gli amori, non si possono inseguire le amicizie.

A me, Alessia, è capitata un'amicizia così: al liceo, durante le prove di un'accademia di Natale, a teatro, ero per caso vicino ad una ragazza, e sul palco c'erano tre persone: uomo1, uomo2, donna.
Ad un certo punto ho detto: "Che bello che è, quell'oca non può smettere di toccarlo?" La ragazza accanto a me ha detto: "Oh santo cielo... stavo pensando la stessa cosa...piace anche a te?" In quel momento eravamo paralizzate, ma in uno slancio di fiducia (fino a quel momento non c'eravamo mai parlate), ci siamo dette a chi eravamo interessate. Io "all'uomo1", lei "all'uomo2". Ero in terza liceo.... adesso ho quasi 24 anni e lei è una delle mie più grandi amiche. :-) Per questo continuo a pensare alla casualità... non è che c'è un destino anche per le amicizie? 

Una volta invece, parlavo con delle persone e sostenevo la tesi che io, anche se non sentivo mensilmente certe persone, per una questione di distanza, di molteplici impegni, quando ci si riusciva a vedere era come se l'amicizia che ci univa dimostrava una strana quotidianità e sarebbe durata per sempre. Questa cosa capitava anche a mia mamma. Invece mi devo ricredere. Mi sbagliavo. Ormai ho un muro dentro di me. Alcune di queste persone, una volta hanno passato brutti e bei momenti ed io, dall'esserci poco, sono stata presente a condividerli. E' successo che abbiano passato brutti momenti loro ed io non potevo saperlo, perché "non sentendosi di parlare non mi avevano avvisato". Ma se ci sentivamo non-mensilmente come facevo a star loro vicino comunque? Per non far lo stesso errore, negli ultimi mesi ho fatto loro sapere che stavo passando un periodo travagliato...alcuni hanno giudicato superficialmente (eliminati), altri, pur sapendo, hanno ignorato (eliminati), e così ho fatto una bella pulizia d'amicizia.  Con rabbia, con impulsività? Sì, ma ci sono anche queste emozioni, sensazioni nella vita e spesso è necessario usarle. Non è che l'abbia comunicato con telegrammi ufficiali, non mi interessa farlo. L'ho solo fatto dentro di me, perché ora so chi conta davvero, ma soprattutto: so per chi conto davvero (e spero continuerà ad essere così). Pensate, è una pulizia che ho fatto anche per mia mamma. Lei mi ha sempre presentato una sua amica come la migliore che si possa avere... poi ho visto i fatti, e ho fatto pulizia dentro di me, anche per lei.


                                                Un amico sa sorreggere il tuo cuore, e il suo.

Ci sono errori che si possono commettere (come io stessa ho commesso o mi hanno commesso), ma poi ci sono errori ingiustificabili, errori imperdonabili. A volte invece, semplicemente finisce così, come un grande amore.

Chiara

sabato 15 settembre 2012

In riflessione dalle vostre riflessioni sull'amicizia- parte 1

Parte 1: Amicizia o Amore? I miei errori.

Come vi avevo promesso eccomi qui... a scrivere ciò che ho dedotto, o semplicemente, letto.
Il 16 giugno avevo scritto un post intitolato: "Un amico è così", il clou di questo post è che l'amicizia (per quanto ne so e per quanto credo di sapere) sia una questione di sintonia e condivisione, inoltre sostenevo (e sostengo) la validità dell'affermazione che "un amico c'è sempre: sia nei brutti, sia nei bei momenti".

Ma se ero arrivata già ad una mia teoria, perché soffermarmi ancora su questo tema?
Perché, come scrive Marco, si scrivono e si leggono, si girano e si guardano storie d'amore perfette o imperfette... ma sull'amicizia nulla o quasi nulla, o meglio: su entrambe quasi nulla. Ora mi spiego...
Quando pranzo sono sempre sola e lo stesso a colazione... allora mi fermo e penso, e confronto la mia vita, guardando o leggendo, le vite di altri, di altre. Questo mese era il turno del telefilm "Sex and the city". Sono rimasta sorpresa perché mi sono resa conta degli errori che, io per prima, posso, e ho, commesso in un'amicizia, e quelli che possono essere stati commessi da altri.
In questo telefilm si vede come gli uomini, sia quelli che vengono e vanno, sia quelli che arrivano e restano giochino, per queste quattro giovani donne, un ruolo fondamentale (sia per il puro piacere sessuale, sia per la ricerca del grande amore), ma MAI sovrastano le amiche. Sì, ci sono Capodanni in cui una è a casa da sola, una è a Los Angeles con il suo ragazzo, l'altra con il marito e l'altra ancora da sola, ma attenzione: quando c'è davvero un momento di crisi, mariti, conviventi e figli (!!) assumono un ruolo secondario, perché di base, di principio, è il rapporto tra amiche quello più fondamentale. Non solo: si ritagliano spazi per loro stesse anche quando va tutto alla grande, e viaggi solo per divertirsi tra di loro. Certo, la società ci insegna, ci mette nel cuore, il desiderio di tornare a casa e di trovare una famiglia, quindi questo prototipo dovrà pur essere costruito in qualche modo (per chi lo desidera). Allora: come si fa??



Va gestito tutto con un certo equilibrio: amicizia e amore. Non si può rinunciare né all'una, né all'altra cosa. Io ho sbagliato molto. Ho privilegiato spesso l'amore e, forse, troppo poco l'amicizia, e beh, ovvio che io venga ripagata con la stessa moneta. A volte invece no, mi hanno perdonata, a volte ho perdonato.
In realtà, nonostante tutti i miei sbagli, ho sempre paura, faccio fatica a gestire le due cose, perché temo di restare sola: sola se un'amica si offende poiché crede che io privilegi il fidanzato, scaricandomi...e, viceversa, se per il fidanzato privilegio l'amica, sarei ancora, ugualmente, scaricata.
Sto ancora imparando tante cose, a gestire il mio tempo prima di tutto, ma soprattutto a capire per chi vale la pena spenderlo.... perché chi per me non lo spende... beh... è un po' inutile io spenda il mio. In "Sex and the city", le magnifiche quattro, ce la fanno.... hanno anche 35 anni, io ben 10 in meno, quindi, se sbagliando si impara: spero di arrivare ad essere amica come lo sono loro stesse, le une per le altre.
Mi dispiace aver spesso sbagliato...  :-(

E voi: amore e amicizia come li gestite?
Chiara
p.s. domani scriverò della parte 2: "Sfatiamo un mito"

mercoledì 12 settembre 2012

In riflessione...

Sono giorni in cui rifletto su tante cose... chiedo scusa se, per ora, non  le condivido con tutti voi. Vedo, e so, che molti aprono il mio blog, e mi chiedono di nuovi post... prometto che nei prossimi giorni metterò i miei pensieri nero su bianco, per voi, per me.

 L'unica cosa che mi sento di "buttare lì" riguarda l'amicizia (l'amicizia fa parte di molti dei miei post, ma credo davvero sia una cosa importante) e la differenza tra sentimenti ed emozioni. Per la seconda mi sto documentando... per la prima, devo ammettere, che lo spunto mi sta venendo grazie ad un telefilm: "Sex and the city".
Molti lo reputano una cavolata (per usare un termine delicato), o meglio di quattro donne spudorate che fanno sesso con chiunque. Forse per chi non sa guardare dietro le apparenze è così...per me no. (Oh mondo mi sto facendo un complimento da sola... hihihih patetico, ma ogni tanto ci vuole!).Torniamo al telefilm: è la storia di un'amicizia tra donne... di una bella amicizia, non parla solo di sesso! Vi invito, donne e uomini, a riflettere su cosa volete da un'amicizia (o cosa vorreste) e cosa date (o vorreste dare)
Io farò lo stesso e poi "ci troveremo" a parlarne!
Spero per questo che sarà un post diverso dai precedenti sullo stesso argomento!
A presto...
Chiara

venerdì 7 settembre 2012

Difficoltà di opinione...notizie incomplete!

E' già la seconda volta che capita... basta accendere la televisione ed è un vero disastro! Le notizie vengono date a metà, spesso non sono verificate, spesso CAMBIANO da telegiornale a telegiornale.
Come è possibile? Se "capisco" (N.B. le virgolette) il fatto che una notizia politica cambi a seconda della classe politica con cui è palesemente (o meno) schierato il telegiornale, non comprendo proprio come sia possibile MUTARE UNA NOTIZIA DI CRONACA. L'opinione e la critica della popolazione si deve formare!! E non si può creare sulla base di notizie date a casaccio!

 ATTENZIONE! Queste sono le pag. 24-25 de Il Messaggero del 13 agosto, ma NIENTE di questo post si riferisce a questa testata o ad uno degli articoli che si notano. La foto è stata scelta solo per dare "l'idea di notizia" al lettore. (Avevo solo questo giornale in casa.)

Vi riporto  i tre esempi che mi hanno provocato queste riflessioni:
1. Capisco che per molti Studio Aperto non venga considerato un tg, bensì un telegiornale di gossip, ma, allora, che parli di tette e culi, ma, santo cielo: se vuole parlare d'altro, che lo riporti bene! Credo infatti sia stato questo tg a sbagliare la notizia perché sembrava proprio "gettata lì".
La notizia è la seguente (ovviamente non ricordo i termini esatti): Una donna in cura da 23-24 anni per una colite, aveva in realtà un tubicino, grande come una sigaretta, nell'addome, lì da dopo un intervento chirurgico. Si era consultata con molti medici, ma tutti le avevano detto che era colite. Ha dovuto fare degli esami da sola, di sua iniziativa (cioè una tac), per scoprire la realtà.
Tg2:  Una donna in cura da 23-24 anni per una colite, aveva in realtà un tubicino, grande come una sigaretta, nell'addome, lì da un intervento chirurgico. Il suo "vecchio" medico di base le ha sempre detto che era colite, quando è andato in pensione,a gennaio, il medico nuovo le ha prescritto una tac e una risonanza e finalmente si è scoperta la realtà del tubicino.
Quindi? Tutti incapaci questi medici o no??

2. Come se non bastasse molti giornalisti sono incapaci di formulare le domande giuste! Si aprono così dibattiti basati sui soli titoli di un fatto...ma un titolo serve per attirare l'attenzione, la notizia va spiegata.
"Spiaggia chiusa ai bambini e ai buzzurri", poi nella trasmissione "a testata giornalistica" (caratteristica precisata dalla conduttrice) si continua dicendo "questo cartello era esposto qui."
A dire la verità, dice il proprietario, è "Spiaggia inadeguata a bambini e buzzurri", inoltre, si capisce (o c'è scritto non lo so) è "ad alta densità di gnocche e gnocchi". La trasmissione chiede di formare un'opinione: "Discriminazione o no? Cosa ne pensate?"
A boh. Non so cosa ne penso non si capisce niente!
- Il proprietario come fa a identificare i buzzurri? Dall'abbigliamento? Oppure se fanno confusione,ecc gli chiede di andarsene, con la minaccia di chiamare le forze dell'ordine?
- Il proprietario fa entrare i bambini anche se la spiaggia è inadeguata (cioè mancano i giochi,ecc)? Li caccia se i genitori non li sanno educare? E' questo il senso?
- Se vado io che sono grassa, non mi ammette alla sua spiaggia? O pensa "Affar tuo, io ti avevo detto che qui sono tutti belli e belle, se ti senti a disagio è un tuo problema"?

3. All'inizio dello scorso post, avevo fatto un'altra critica proprio su una citazione attribuita alla persona sbagliata.

Cercate di cogliere il senso... non mi importa dei dettagli, né di commentare le notizie in questo post... ma la mia preoccupazione è che le notizie serie, quelle che riguardano tutti noi (come quella della riforma sanitaria degli studi medici aperti 24 ore su 24) sono date spesso in maniera incompleta... molti non se ne rendono nemmeno conto.. si fanno un'opinione, non si documentano andando a leggere altro... insomma uno pensa "l'ha detto il tg"... Ma dove sono i tg delle notizie vere e complete? Bisogna sempre poi cercare in internet la verità o le notizie complete (se si trovano), o questo mestiere lo deve fare chi viene pagato per farlo? 

Chiara

giovedì 6 settembre 2012

Pensante o non pensante?

In questi giorni, con la morte del Cardinale Carlo Maria Martini, seguendo il telegiornale mi è caduto l'orecchio su una citazione molto bella e interessante: "La differenza non è tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti". Oltre a non essere una citazione completa (dopo citerò la versione integrale), devo ammettere, che mi colpisce come nell'era di internet un/una giornalista di prima linea, non riesca a verificare una fonte d'informazione, nonché l'autore di una citazione, attribuita, appunto, al Cardinale Carlo Maria Martini, quando ogni mezzo informatico (e, fidatevi, se ci sono arrivata io......) l'attribuisce al filosofo, docente universitario, laureato in giurisprudenza e filosofia, Senatore a vita, e soprattutto* appartenente in ordine cronologico al Partito Socialista Italiano ('84-'91), al Gruppo Misto ('91-'96), al Partito Democratico di Sinistra ('96-'98), ai Democratici di Sinistra ('98-morte): Noberto Bobbio ( 1909-2004). (Informazioni prese da Wikipedia).
(*In Italia acquista più validità un'informazione fatta da un "estraneo alla chiesa", rispetto che ad uno che ne faceva parte....chissà perché.)

Il Cardinale Carlo Maria Martini ha citato la frase in questione di Noberto Bobbio ne "Cattedra dei non credenti" Rusconi, Milano, 1992, p.120; naturalmente, nella sua versione integrale.
Questa informazione e la citazione completa le ho prese da: "Fecondare il tempo. Percorsi per vivere la fede nel terzo millennio" di Francesco Armenti, p. 35.
Finalmente sono arrivata al clou:
"La differenza rilevante per me non passa tra credenti e non credenti, ma tra pensanti e non pensanti; ovvero tra coloro che riflettono sui vari perché, e gli indifferenti che non riflettono. (...) La specie degli indifferenti che è di gran lunga la più numerosa si trova tanto fra i credenti quanto fra i non credenti. " Noberto Bobbio.

Il Cardinale Carlo Maria Martini ha citato questa frase nella, ma forse meglio dire alla, Cattedra dei non credenti, che cos'è la Cattedra dei non credenti? Wikipedia scrive:  "La Cattedra dei non credenti fu un'iniziativa avviata nel 1987 dal cardinale Carlo Maria Martini, arcivescovo di Milano, nella sua diocesi.
Consistette in una serie di incontri a tema ai quali il cardinale invitò esponenti sia dichiaratamente credenti che non credenti; lo scopo fu quello di dare voce, su varie tematiche, a chi non si definisce "credente", al fine di confrontarsi con il "credente" e con le ragioni della sua fede[1]; tali incontri furono occasione di incontro e dialogo; gli interventi di alcune edizioni furono raccolti in diverse pubblicazioni.
La sede degli incontri variò di anno in anno, anche in relazione della crescente eco che l'iniziativa ebbe e che portò ad un numero sempre maggiore di pubblico.
L'iniziativa si prolungò, di anno in anno, sino al 2002."

Prometto a me stessa e ai lettori di questo blog, che leggerò il libro, nominato sopra, di Francesco Armeni, e ne trarrò riflessioni che condividerò con voi, come condividerò con voi altre riflessioni di Noberto Bobbio, del Cardinale Carlo Maria Martini, e di chi altro venga citato nel libro. Ora, però, devo esternare le riflessioni suscitatemi da questa meravigliosa (a parer mio s'intende) frase e dalla Cattedra dei non credenti. 

Conosco molte persone che riflettono su varie tematiche, conosco persone intellettualmente preparate che si fanno domande, si informano e si fanno un'idea sulla religione, sui perché e anche sulla chiesa, visto che per quanto possiamo negarlo questo è un paese con una storia cristiana alla spalle. Poi ci sono le persone che invece leggono due vignette su Facebook, commentano, pensano di avere un'idea più che profonda e giudicano, giudicano e giudicano. Ma, al posto che giudicare, leggere solo certi tipi di articoli, e criticare l'istituzione della chiesa per la sua poca apertura mentale, non possono aprire loro stessi la mente? 
Non mi interessa se siete credenti o no, mi interessa che siate pensanti. Non importa la conclusione a cui arriviate, ognuno è libero di arrivare dove vuole, ma, PENSANDO, INFORMANDOSI. 
Conosco persone, e vedo link su Facebook contro la chiesa, la religione,ecc di persone di intelletto culturale favoloso, persone che ci provano a pensare ai grandi temi della vita, ai grandi interrogativi. E, persone che, basta parlarci, per capire che il loro massimo pensiero sia:  "Vodka o Martini sabato sera? La chiesa fa schifo. Ah si, l'ultima volta che mi sono interessato alle varie religioni del mondo ero in terza media" -.-
Ci sono anche persone, che meritano uguali critiche, che credono nel Dio cristiano senza mai essersi fatte delle vere domande (ovviamente non sto giudicando la vecchietta novantenne di periferia che faceva la contandina...su!), e persone di altre confessioni che fanno lo stesso.
Ovviamente non mi permetto di dare un giudizio su chi non conosco o meglio su chi conosco su Facebook, io sto parlando di persone che conosco da anni e con il quale parlo da anni, non posso sapere gli altri a quale di questa categoria appartengono, né mi interessa, io cerco solo di stimolare chi legge questo blog, come io stessa sono stata stimolata dalla citazione di Bobbio.
Lancio una provocazione: quanti di voi sapevano del dialogo della Cattedra dei non credenti? Io no, non lo sapevo e me ne vergogno. Mi faccio anche io certe domande, ma ciò non significa che giudico senza essere informata, né per i pro, né per i contro, ciò non cambia che mi vergogno di me perchè fino a pochi giorni fa non sapevo della Cattedra dei non credenti (anche se dal 2002 non c'è più stata, non è una buona ragione). Troverò di avere il tempo di leggere le pubblicazioni avvenute perché sono la prova che se si desidera davvero, un dialogo lo si può trovare, che si può pensare. Soprattutto: se si vogliono trovare aperture mentali all'interno della chiesa, si possono trovare, il Cardinale Carlo Maria Martini lo insegna, e con piccoli sforzi da parte di tutti, magari qualcosa cambierà, magari no: ma almeno si potrà avere la coscienza pulita nel dire: "Non è così, ma io ci ho provato.".
Inoltre credo sia fondamentale farsi la domanda: Pensante o non pensante? A quale delle due categorie voglio appartenere? Dovunque il pensiero vi porterà, potete dire di essere realmente vivi, credenti o no.
Chiara

martedì 4 settembre 2012

Ricordo, 4 settembre 2003

Ricordo.
                                                                                                  
Ricordo il nervoso,
la rabbia,
la paura,
i sorrisi per tranquillizzare gli altri.

Ricordo il nervoso,
il dolore,
il non voler vedere
né il sentire.

Ricordo il freddo,
le notti scambiate
con il giorno.

Ricordo la simpatia delle infermiere,
dei medici,
e la loro voglia di tranquillizzarmi,
come se fossi una bimba.

Ricordo il braccialetto
non tolto per portarmi fortuna.

Ricordo la puntura sul braccio
e la flebo a tre buchi.

Ricordo gli occhi
dei miei in lacrime;
Ricordo il delirio
del dolore;
Ricordo la voglia
di camminare e
di tornare a letto. *


Ricordo quanto tutto questo mi abbia cambiata, ricordo quanto tutto questo mi abbia fatto capire cosa e quali sono le cose importanti, ricordo che pochi capirono, e ricordo che molte persone non sapevano nemmeno che avessi difficoltà a camminare. Ricordo che al ritorno a scuola si aspettavano che spostassi io i banchi quando per quasi un anno non ho avuto sensibilità a tutta la schiena e difficoltà ad alzare le braccia.
Ricordo chi mi è venuto a trovare, e chi mi ha scritto. Ricordo i mazzi di fiori, ricordo un cappello. Ricordo lo spray per lavare i capelli e ricordo il bruciore di quel cavolo di catetere. Ricordo come il sangue mi entrava freddo gelido in circolo e ricordo il dolore lancinante. Ricordo che uscita dalla sala operatoria, davanti a tutti ho detto: "Quegli stronzi dei medici! Se mi avessero detto che faceva così male, col cavolo che lo avrei fatto!" Ricordo il suono incessante delle ambulanze che si recavano lì. Ricordo le punture. Ricordo il panico e ricordo le preghiere. Ricordo l'ultima corsa fatta la sera prima perché sapevo che per un anno non avrei potuto correre, perché sapevo che un piccolo errore avrebbe potuto non farmi più correre. Quante cose che ricordo. Quante cose mi hanno cambiata. Quante scelte dovute a questo intervento: medicina la prima. Ricordo che tutto ha un perché e che sono felice di essere cresciuta grazie a questo.
La cicatrice mi ricorda ogni giorno tutto questo. Settimana scorsa mi hanno chiesto perché non me la faccio togliere con la chirurgia estetica. Questo, questa giornata ha determinato cosa sono io. Posso cancellare me stessa? Posso cancellare una parte di me? Posso cancellare un'esperienza così importante? Fosse stata sul viso, un conto, ma così: NO.
So di una dolce ragazza che l'ha affrontato ed è morta per complicazioni, a lei va questo post.


Per chi non lo sapesse è stato un intervento alla colonna vertebrale dovuto ad una scoliosi, ed hanno applicato ai lati della colonna delle sbarre in titanio da 30 cm ciascuna. 
Ricordo che la mia scelta di diventare medico (se mai lo diventerò), è per essere come quei medici che erano con me e per far la differenza con i medici più interessati alla loro parcella, che al paziente. Ho provato ad essere visitata da questi professionisti, ma ne sono uscita disgustata. Molti mi hanno chiesto perché ho intrapreso la facoltà di medicina e non quella di giornalismo o di lettere, il motivo è rappresentato da questa foto, da questo post. Forse sarei stata "più capace" in una facoltà umanistica, forse no, nessuno lo sa. Forse aiuterei più gli altri con un articolo come questo (soprattutto per chi deve entrare in ospedale domani, perché possa trovare la forza), però non lo so. Gramellini Massimo, vicedirettore de La Stampa ha scritto nel suo ultimo romanzo "Fai bei sogni":
"Se un sogno è il tuo sogno, quello per cui sei venuto al mondo, puoi passare la vita a nasconderlo dietro una nuvola di scetticismo, ma non riuscirai mai a liberartene".
Sono confusa in questo momento sul mio sogno che sia uno o che sia l'altro? O che siano tutte e due? Ad ogni modo: verrà fuori esplicitamente prima o poi, speriamo più prima che poi.

Il pensiero va a chi oggi, adesso, sta affrontando il test di medicina: so come ci si sente, e conosco persone che hanno deciso per questa strada perché "non erano interessati ad altre carriere", perché "essere medico è un status sociale", e conosco persone non ammesse alla facoltà quando avrebbero riconosciuto nel paziente una persona da aiutare e a cui sarebbero stati vicini, persone che avrebbero fatto il medico per una missione, non per una targhetta, meritevoli come le altre, se non di più. Non è giusto, capisco che non ci siano soluzioni poiché il medico è una figura statale e lo stato non può creare medici che restano poi disoccupati, però, ripeto: non è giusto. 

Scusate la lunghezza di questo post...ma "mi è uscito spontaneo".
Grazie a chi c'era nel 2003, grazie a chi c'è anche ora, grazie a chi ci sarebbe stato se mi avesse conosciuta nel 2003.

A Sofia, con tanto amore,
ti penso ogni giorno,
Chiara

*La prima parte (cioè fino a dove è presente l'asterisco) è stata scritta tempo fa, il resto oggi.

domenica 2 settembre 2012

Esistono ancora le classi sociali?

Avete mai sentito parlare di piramide alimentare? Ecco, più o meno la stessa cosa si studiava alle elementari, per imparare la classificazione sociale degli Egizi: la piramide sociale. C'è anche stata quella del Feudalesimo, e tante altre. Infatti, se alcune erano ben note e ben studiate e formulate dagli storici, poi si utilizzava questo chiaro meccanismo (o meglio usare il termine "disegno"), per ricordarsi le struttura sociale anche in altre epoche... fino a...? Ora? Oppure è un fenomeno che none esiste più? Mi ricordo che in base all'epoca si poteva passare di gradino oppure no. Ma il vero problema è: al giorno d'oggi esistono ancora le classi sociali?


La mia personale opinione è che: sì, esistono delle classi sociali, non quelle di una volta, ovviamente. Tuttavia esistono, e direi che sono molteplici, non è possibile mettere tutto in una piramide. Se, è possibile, con quelle degli Egizi o del Feudalesimo inserire ogni componente in una piramide sociale, al giorno d'oggi, il disegno più corretto credo sia quello che tra poco spiegherò. Inoltre, secondo me, l'ascesa è possibile, come la discesa, tanto che non ci sono veri e propri titoli sociali, ci sono alcuni status che fanno più scena di altri, in genere professionali, ma comunque, ciò che intendo è che chiunque può ottenerli, come perderli, dipende dalla persona in sè, poi ci vuole sempre un pizzico di fortuna e una marea di impegno, ma il punto non è questo.
Il vero significato di questo post, infatti, è che, a mio parere, non ci sono vere e proprie classi sociali, ma ci sono aggregati sociali, il cui segreto è la condivisione.
E' il "disegno" di cui parlavo sopra a rappresentare a parere mio nel modo corretto, questi aggregati sociali. Avete presente quegli album, in cui su ogni pagina c'è una figura e, il bambino, deve unire i puntini nella giusta sequenza per ottenere una figura da colorare? La nostra società penso sia un insieme di miliardi di figure, che creiamo noi stessi in base al personale fenomeno della condivisione. Condivisone di cosa? Della fede, dei gruppi dell'oratorio, di uno stile di vita, della stessa professione, di un interesse comune, sia esso un semplice hobbies o un profondo ideale, sia essa una sintonia d'anima. Un puntino può far parte di tante altre figure, ma ogni figura di cui si desidera far parte è solo una scelta: questo è molto confortante perché si può essere chi si vuol essere (a parte alcune eccezioni ), ma, nello stesso modo, non si può dare la colpa dei propri errori a nessuno, tranne che noi stessi.


Auguro a tutti di scegliere la propria aggregazione sociale, pensate bene a tutto... buone scelte...!
Chiara