venerdì 26 ottobre 2012

Nodi-non-snodabili: davvero esistono?




Qualche tempo fa volevo scrivere un post sui nodi-non-snodabili. A dire la verità, ho scritto solo il titolo, ma il pensiero era indirizzato a quei legami, in cui è un nodo a reggere il tutto, ma non un nodo normale... un nodo-non-snodabile. Ero convinta che certi rapporti, certi legami non si potessero sciogliere, nemmeno con dell'acido, nemmeno con un coltello, nemmeno con del fuoco.
Adesso, invece, mi sono ricreduta. Non so se è un bene o un male. Tutti i rapporti sono come una corda, tesa o affievolita che sia, e ogni rapporto, di sangue o non, può crollare. Può crollare per la lontananza, può crollare per la vicinanza, può sciogliersi perché troppo teso, può sciogliersi perché troppo molle, può semplicemente cadere la presa a uno dei due, oppure ad entrambi. Ogni rapporto è una corda, che va mantenuta con il tempo: se si tiene al freddo si usura per questo e se si mantiene al caldo, si usura per esso. Quando si cade in un eccesso come il caldo-freddo, è necessario riscaldarlo un po', o raffreddarlo un po', sapere quando tenere guanti sulle mani e sapere quando toglierseli. Ogni rapporto, ogni nodo, ogni corda, ogni filo, va controllato, e per quanto a volte ci si ustioni o si congeli, bisogna tener duro, altrimenti è proprio finita. Sia un rapporto di sangue, sia un rapporto di sintonia, sia il rapporto con noi stessi.

Chiara

martedì 23 ottobre 2012

Perdite

                                                        Foto scattata da Giulia Zen

Nessuna perdita è facile, nessuna perdita è accettabile. Il mondo cristiano aiuta a sperare o a capire (dipende da quanta fede si ha), che nessuna perdita è eterna. Però è difficile da capire.
Una perdita va accettata e va metabolizzata, ogni perdita per essere digerita va compresa e, per essere compresa, è necessario rispondere alla domanda: "Perché?" Spesso una risposta non c'è. Serve un atto di fede per accettare senza risposta, e, a volte, non c'è scelta: va compiuto.
Ogni perdita lascia un vuoto dentro. Ogni ricordo sembra indebolirsi e questo proprio non lo si può accettare. Passato un po' di tempo ci si accorge che i ricordi sono tutti lì: basta poco per rivivere tutto, seppur con dolore, dolore causato dalla tristezza di non poter creare nuovi ricordi.
Ogni perdita lascia un vuoto nel cuore, nella testa. Ogni perdita è un incubo. La perdita fa temere altre perdite. La perdita fa paura. Fa crescere la paura che non si rivedrà mai più qualcuno: e l'unica speranza sta nel Credere.
Crediate per non perdervi,
Chiara

sabato 20 ottobre 2012

Cattivi si diventa

Sto guardando una serie televisiva spettacolare: "Once upon a time" o "C'era una volta".
Riassunto, per chi non lo sapesse: la strega cattiva di Biancaneve ha intrappolato tutti i personaggi delle favole (buoni e cattivi) nel nostro mondo e loro non sanno di essere loro, ma vivono in questa realtà da 28 anni, realtà in cui ogni ricordo è stato cancellato, e tutto il passato è offuscato.  Poi arriva la salvatrice  , che deve spezzare la maledizione, e che...non crede nelle favole.

E' incredibile il telefilm, un intreccio favoloso, chi l'ha creato è un genio, a mio modesto parere.
La cosa che mi ha più colpita è come.... si diventa cattivi. Ogni cattivo ha una storia che lo ha reso tale, di dolore, dolore che cambia così radicalmente una persona da farla diventare non solo cattiva ma spietata. Altri personaggi vivono storie di alta sofferenza ma la loro purezza d'animo resta invariata. Per i cattivi, ovviamente no.
Mi incuriosisce tantissimo capire perché alcuni reagiscono in un modo e altri in un altro, poiché tutto ciò, è reale, ovvero: capita la medesima cosa nella realtà.

Allora chiedo a voi: cosa vi incattivisce? Cosa, se avete certe esperienze, sentite che vi cambia dentro, nel profondo?
La mia risposta è: la delusione, sia quella causata dagli altri, sia quella causata da me stessa.

                                    Foto scattata da Giulia Zen con la collaborazione di Enrico Buzzoni

Buone riflessioni,
ora, se avete capito la causa del pizzico di cattiveria che ogni tanto magari percepite dentro di voi, cercate di fare in modo non dilaghi.... anche se non credo che sia una scelta, a volte, ma se potete impedirlo, impeditelo!
:-)
Chiara

p.s. Un grande ringraziamento a Giulia Zen e ad Enrico Buzzoni per avermi permesso di utilizzare questa simpaticissima foto :-)


giovedì 18 ottobre 2012

Voglio un mondo rosa!

Voglio svegliarmi la mattina, aprire le finestre e vedere questo: un mondo rosa!

                                                        Foto scattata da Giulia Zen

Voglio un mondo che si possa mangiare, voglio le piante di zucchero filato e il profumo fruttato della natura nell'aria, voglio un ruscello dove specchiarmi, voglio la panna montata nel cielo. Voglio che nessun orco cattivo invada questo mondo: il mondo che solo una donna, una vera donna (come ce ne sono tante in giro), sa creare per il propri figli, sa creare per la propria famiglia, sa creare per il mondo stesso. Voglio che tutte le donne trovino il coraggio di creare questo mondo rosa, voglio che si possa volare nel blu cielo, e che esso somigli all'acqua 39°C termale. Voglio che si possa uscire a testa alta e poter creare con la bacchetta magica tutto ciò... e le donne ne sono capaci! Serve solo la possibilità di farlo. Le donne sono capaci di tutto, quelle vere, e possono fare questo! (L'unico impedimento delle donne sta nel saper parcheggiare e, a volte, guidare...almeno la maggior parte! Ahahah :-) )
Perché non lo fanno? Perché non riescono a farlo?

Perché ci sono troppi orchi, e tutte le fate e i fati del mondo non sono ancora riuscite a sconfiggere la cattiveria.
Non ci devono essere più schiaffi dati per un rossetto o una gonna corta, non ci devono essere più padri padroni, non ci devono esser più stupri giustificati da "una bevuta di troppo" o da un pregiudizio, non ci devono essere più donne licenziate perché madri, non ci devono essere più uomini che hanno paura della favolosità dell'universo femminile! Ci devono essere uomini intelligenti, che apprezzino e che capiscano, che tutti ci guadagnerebbero, a far entrare l'universo femminile nel mondo. Perché?  Perché chiunque vorrebbe vivere in una favola, perché chiunque vorrebbe il lieto fine.

Ci sono uomini intelligenti e c'è una fata dentro ogni persona, uomo o donna che sia, e poi ci sono donne meravigliose! Forse, è ora che il mondo le accetti, prima che diventi buio definitivamente.
Gli orchi vanno cacciati: fate e fati, cacciamoli, non arrendiamoci!
W le donne!

Chiara

p.s. Il termine "fati" è stato inventato da me, per identificare la "fata" che esiste negli uomini intelligenti.  Potevo usare il vocabolo "maghi", ma a me piaceva "fati". :-)

lunedì 15 ottobre 2012

Giochiamo a fare l'amore?

L'amore è un gioco? SI e NO.
No, perché non è come giocare ad un gioco in scatola, con gli amici, un sabato sera d'inverno.
SI perché ci si mette in gioco, non si mettono in gioco i soldi, come nel calcio o, ormai, come in tutti gli sport, in cui è diventata una questione di "quanti soldi si hanno da investire su...", ma c'è molto di più: ci sono in gioco i sentimenti.
Si gioca in maniera seria, o almeno, si spera, onesta... un po' come si spera accada a livello agonistico: perché nel gioco dell'amore si è tutti atleti di serie A, e, chiunque giochi onestamente merita di vincere ogni gara. Si parte giocando i piccoli campionati dell'oratorio, per passare poi (se si superano i primi ovviamente) ai provinciali, ai regionali, ai nazionali, ai mondiali, ai giochi olimpici.  La cosa più giusta di tutte, è che non c'è una sola medaglia d'oro, ma è sufficiente arrivare alla fine di quel traguardo che chiunque può salire sul podio più alto. :-)

                                                         Foto scattata da Giulia Zen

Fortunatamente si gioca in due, è, infatti, un gioco di squadra, un gioco di coalizione, un gioco d'attacco, un gioco di difesa, un gioco di scontro. Scontro che spesso avviene all'interno della stessa squadra, forse per un malinteso di ruolo, forse perché il passaggio della palla si effettua con poca precisione, forse perché, per sbaglio, uno fa lo sgambetto all'altro, forse perché si è talmente lanciati che se uno dei due resta indietro, l'altro non si accorge e corre senza il compagno. Ci sono mille scontri interni ed esterni che si debbono affrontare, quel che conta è farlo insieme, come nella foto sopra: passeggiando o correndo, basta farla insieme. Qualsiasi cosa accada si è in due, e il detto che più si addice è lo stesso dei tre moschettieri: "Uno per tutti, tutti per uno", magari modificato in: "Io per te, tu per me, noi per noi".

Sapete cosa è errato nei giochi di squadra di oggi? Se uno fa un errore, se c'è uno squilibro intestinale, non si va dal medico, non si va da chi aiuta, non si risolve all'interno del club, ma si chiamano i giornalisti. Così vediamo titoloni sulla Gazzetta dello Sport di Cassano che accusa Galliani, di Pinco Pallino che accusa Pinco Pallone, e via dicendo. Una volte tale problema non sussisteva nemmeno: una parola di troppo ai giornalisti ed eri fuori dal gioco, fuori dai premi. Allora non c'era gente che passava dal Milan all'Inter e dall'Inter al Milan, come se fosse una prostituta, allora: una bandiera era una bandiera e non si chiedeva un passaporto straniero per giocare in una nazionale non propria, ma si manifestava con orgoglio la propria nazionalità... un po' come si dovrebbe manifestare con orgoglio il proprio amore.

Più tappe si conquistano, più si difende la propria porta, più podi si vincono, più si potrebbe arrivare non solo a giocare, ma anche ad avere l'oro alle Olimpiadi, e arrivare a Venezia a festeggiare i 60 anni di matrimonio, come, mi piace immaginare, stiano facendo i due sposini nella foto.
Certo, dipende se le Olimpiadi si vogliono vincere davvero.

Termino con una citazione che ho scoperto oggi ma che continuerò a ripetere, perché è di una bellezza impressionante: "L'amore vuole tutto...e ha ragione." Ludwig Van Beethoven.
Altra citazione che adoro sull'amore è: "Qualcuno ha detto che l'amore è dare all'altro la possibilità di distruggerti ma confidare nel fatto che non lo faccia".

Buon gioco di squadra a tutti....! Siate onesti prima di tutto...e amate tanto!
Chiara

giovedì 11 ottobre 2012

Perché si ha paura della solitudine?

Perché la solitudine disturba tanto? Perché suscita così tanta paura?

Orson Welles ha scritto" “Siamo nati soli,viviamo soli, moriamo soli. Solo attraverso l’amore e l’amicizia possiamo creare l’illusione per un momento, di non essere soli.” 

                                                         Foto scattata da Giulia Zen

Ma se si nasce già soli, perché non ci si adatta a ciò, ma si cerca sempre di non restarlo? Perché non si sta bene con se stessi?
Io non darei risposte affermative a quest'ultima domanda: credo, infatti, che il motivo principale, sia la ricerca di quello che ci manca. Per quanto ciascuno di noi si possa amare (perché, per vivere bene, ciascuno deve amare se stesso), è forte la necessità di essere amati da altri: senza condizioni, per come si è, semplicemente, e senza "costrizioni". 
Si cerca l'amore di coppia, perché è la situazione più completa che ci viene, fin da piccoli, riportata. Come? Tramite gli esempi di quanto fantastica potrebbe essere, e a volte lo è, una famiglia. Inoltre l'amore della famiglia di origine, cioè quello dei genitori, a volte non è abbastanza perché sono solo genitori, e si desidera crescere, dove ciò implica: creare un'altra famiglia e crearsi genitori. Maturando si impara che l'amore di coppia è difficile da trovare, è difficile da costruire, come in tutti i rapporti. Ma questo nel dettaglio, è complicato perché, ormai, non si cerca più solo il "Volersi bene", ma l'amore quello che devasta lo stomaco, il cuore e quello che duri per sempre.
Spesso è l'amicizia quella che c'è sempre, perché il"Volersi bene"non finisce mai. Infatti, se si è bravi a costruire un rapporto, se non lo si ignora, ce la si fa: ecco, l'amicizia, oltre a richiedere sicuramente un certo feeling (non tutti possono essere amici di tutti), ha bisogno di non essere ignorata: questa è, a mio avviso, la regola principale. Mentre, per l'amore di coppia, è tutto più complesso: ci sono mille sfaccettature e, spesso, anche se va tutto a gonfie vele (non si litiga, si è d'accordo sul futuro, ecc.) l'amore, passa... non è stato eterno, ma "è stato solo un attimo di eternità"(cit. Baglioni) e non si sa se ricapiterà.
Nel cuore vi è delusione, la sensazione di aver fallito, la sensazione che si è soli, e fa così paura non "non essere amati", ma essere amati solo da se stessi, perché si pensa che forse... si: c'è qualcosa che non va dentro chi sta passando ciò.
La fine di un'amicizia è altrettanto devastante perché  sembrava più semplice costruirla, una volta instaurato il feeling, una volta non averla ignorata.
E' il fallimento, la delusione di pensare che si meritava di essere amati, che si pensava di poter essere amati che resta dentro, e credo sia questo, che faccia tanto paura della solitudine: la mancanza d'amore, se non il proprio.

Speriamo che Orson Welles si sbagliava,
Chiara

lunedì 8 ottobre 2012

Pro e contro di chi si è

Nell'immaginario collettivo, pensiamo alle persone che definiamo artisti, come persone abbastanza strane, o meglio particolari e non di certo ordinarie. Si immagina un non so che di folle nel comportamento, nella loro testa.  Devo confessare che spesso mi sento così: un po' "poco a posto", e a volte invece mi sento particolarmente normale, comune.
In realtà nessuna persona è comune, chiunque è straordinario (= termine comunemente usato per definire le qualità positive si una persona, ma che io sto usando solo in definizione di "non ordinario"). Tutti siamo un po' speciali, ciascuno a suo modo, nelle sue aspettative. Tuttavia ci sono persone che si estraniano dal gruppo perché lo stesso gruppo riconosce la rarità di vedere sviluppate doti che poco spesso si vedono sviluppate. 
Vi faccio qualche esempio: ci sono persone che sono particolarmente colte e intelligenti, ma a livello di sensibilità, fanno un po' pena. Ci sono persone talmente sensibili che quando provano qualche emozione non riesco più a razionalizzare, non solo i sentimenti, ma nulla. Ci sono persone che spiccano nella loro ingenuità e nella fiducia che danno al prossimo, tuttavia agli occhi del mondo possono sembrare "incantate".
Insomma, ognuno di noi è straordinario a suo modo. Voi cosa siete? In che modo siete speciali? In che modo vi vedete voi e in che modo vi vedono gli altri?

                                Foto scattata da Giulia Zen, intitolata: "Io sono uno e nessuno".

Io, Chiara, non conosco a fondo la mia risposta, devo ragionarci un po' su. Tuttavia, in certi momenti mi vedo un po' come una folle artista. Che grandi paroloni, forse inutili, forse no. Sicuramente dò ampio spazio ai miei sentimenti, alle mie emozioni e credo che questo blog lo dimostri. Probabilmente in questa straordinarietà si cela la più grande qualità positiva... e negativa nel medesimo tempo. Forse, semplicemente, mi sopravvaluto e basta: definirmi artista è un po' uno spreco, ma non importa. Mi vedo così non per le mie opere inesistenti, ma per come mi sento dentro: un po' folle. :-) Più che altro è che scrivo sempre quando le emozioni, che spesso si trasformano in sentimenti, assumono un'aspetto molto importante nel mio "Io". Perché sono loro ad ispirarmi. Soprattutto quelle negative, e mi chiedo un po' il perché in effetti.  Perché mi lascio così trasportare da esse? Non è una cosa tanto bella... vi pare?
Si, per molti aspetti mi ritengo fortunata, per altri meno... e secondo voi?
E le vostre quali sono?

Chiara


giovedì 4 ottobre 2012

"Non so cosa dirti"

Avete presente le arrabbiature? Le sfuriate? Le scenate, quelle belle forti, urlate al mondo, definite dalla nomenclatura popolare "napoletane"? Ecco! Se le ricevete siete fortunati. Celate la vergogna per la voce alta o perché qualcuno sta calpestando, leggermente, il vostro amor proprio. Perché? Perché è meglio di nulla. E' il nulla che è devastante, almeno per me. Quando qualcuno sbraita o sembra un cane rabbioso ci tiene ancora a voi, nutre ancora delle speranze per il vostro rapporto, per quell'argomento in cui siete tanto in conflitto con il vostro interlocutore. Quando la speranza cessa, quando, spesso il torto è troppo grande, quando il torto magari nei confronti di voi stessi sta aumentando in maniere elevata (il tutto è comunque soggettivo), allora lì, arriva il silenzio, il "non so cosa dirti".
Il "Non so cosa dirti", il "fai un po' come vuoi" è quello che i genitori, fin da quando si è ragazzini, quando li esasperiamo, lo dicono, e l'abitudine è quella di considerarla come una scappatoia, come una bella risposta, e, in effetti si pensa: "Evviva, certo che faccio quello che voglio: lo farò!" Poi, crescendo si comprende che, ahimè, non è sempre una risposta gioiosa, tutt'altro. E' la perdita della speranza, è la desolazione, è il "Mi hai talmente deluso che qualsiasi cosa tu dica o faccia, è irrelevante". 
Questo si collega un po' all'ultimo post che ho scritto sulla pretenziosità in un rapporto, cioè sull'aspettarsi troppo da qualcuno. Nel "Non so cosa dirti" c'è racchiusa l'idea del "Mi aspettavo troppo da te, probabilmente non eri quella bella e intelligente persona che pensavo". 

Cosa fare se ve lo sentite dire? Non lo so proprio... forse se me lo sentissi dire, insisterei al massimo (ovviamente se stessi nutrendo interesse per quella persona), se invece lo dovessi dire, non so quanta speranza di recupero ci sia... ma se una persona ci tiene, insiste e prova a capire davvero e profondamente quel "Non so cosa dirti"

                                                     Foto scattata da Giulia Zen


Il "Non so cosa dirti" a volte è già tanto...perché sto capendo che il peggio è quando si fa finta di nulla, ma l'opinione si nasconde perché "è inutile" e perché "tanto non cambierebbe niente"... allora si fa buon viso a cattivo gioco. E' falsità? A mio parere no: è solo la perdita totale di speranza.

Nella speranza che non vi capiti mai di sentirvelo dire, ma nemmeno di dirlo, poiché è altrettanto brutto, triste, amaro,

Chiara

lunedì 1 ottobre 2012

Essere o non essere (pretenziosi)?

Più volte sono stata messa davanti a questo quesito, il più delle volte dalla mia dolce mamma che mi ripete: "Pretendi troppo...gli altri non sono come te". In questo caso mia mamma sostiene che, oltre a pretendere eccessivamente, mi aspetto sempre troppo, il che porta, spesso (ma non sempre) a rimanerci male. Ma... è davvero un difetto? Desiderare troppo è realmente un problema?
Il post si rivolgerà più al desiderio, al pretendere in un rapporto umano, sia esso di amicizia, sia esso d'amore, sia di semplice correttezza (come ad es. lo comporta "convivere" in convitto con altre persone), utilizzando delle metafore.

Io voglio, desidero tutto dalla vita. Ma proprio tutto tutto. Ovviamente ci sono priorità e cose più importanti di altre, come la salute, che viene prima di ogni altra cosa, non solo mia, ma anche quella dei miei cari. Tuttavia non credo ci sia nulla di male nel desiderare, nel lottare per altro.
Ogni sogno è personale, e credo che nessuno abbia il diritto di criticarlo o giudicare una persona desiderosa di troppo.......tanto non è un suo problema, no?
Mi spiego... se io (per es.) desidero la villa con piscina e lavoro sodo per questo, e per fare in modo che i miei figli possano studiare quanto desiderino e non andare a lavorare a diciotto anni.... perché devo sbagliare? Perché chi preferisce abitare in un monolocale nel centro di Milano e andare per locali deve contestare la mia idea giudicandola "troppo". Nessuno può giudicare troppo un sogno, vi pare?
Se per una persona è oro ciò che per un'altra è rame.... insomma... qual'è il problema? Alla fine siamo tutti diversi e ognuno deve ambire, desiderare, ciò che sente dentro.

Ho un'amica che è in contrasto con il suo ragazzo perché "vuole troppo". Io da amica, le posso dire che non ci sarà mai una persona che vada alla perfezione in tutto e per tutto, tuttavia, con il dialogo e la buona volontà, se c'è amore, ci si può arrivare molto vicini...quindi, a parere mio, non si deve accontentare, lei vuole una cosa, e deve lottare, deve provare ad averla! Abbiamo ventitré, ventiquattro anni e arrenderci non è certo la scelta giusta, secondo me.
Ed ecco un altro esempio: un ragazzo a San Valentino ha promesso alla fidanzata che avrebbe organizzato una cena per loro al ristorante giapponese... a parte questo, nemmeno una rosa, nemmeno un bigliettino. La ragazza si è lamentata e le sue amiche le hanno detto: "Ma almeno la cena te l'ha organizzata, per un maschio è già tanto...il mio non lo ha mai fatto!" Io dico di no... io dico che non è vero e non giusto. Lei desidera di più e perché è sbagliato? Chi glielo può dire? Nessuno. E poi, togliamoci dalla testa, care ragazze, questa invenzione che "per i maschi alcune cose sono già tanto" perché non è vero. I maschi non sono scemi (tranne in rari casi, i medesimi delle donne) e per prenotare un ristorante, portare una rosa, un pensiero o per scrivere un sms o un bigliettino carino, non ci vuole una tripla laurea ad Harvard, ma solo un po' di voglia di vedere un sorriso sul volto della loro ragazza e non una delusione. Quindi perché è sbagliato pretendere?
Ognuno ha la sua vita e se "io" pretendo tanto dalla mia, dai miei rapporti non credo sia un problema altrui.... come ho detto: se uno vede oro, ciò che per un altro è rame, non si dovrebbe criticare, giudicare poiché si vedono le cose in maniera diversa e sono troppo personali per metterle a dibattito. 
Cercate e il vostro oro e non curatevi di ciò che è oro per gli altri, perché anche io desidero solo il mio oro dai miei rapporti.
Come consiglio però, chiedo a tutti di essere un po' umili, perché  a volte, per aver l'oro, è necessario, dare oro, e pretenderlo da se stessi. 

Chiara