venerdì 28 giugno 2013

STUPIDITà. RIDICOLOSITà. INDIFFERENZA.

Passeggiando per Brescia mercoledì sera, mi sono imbattuta in una triste e generale situazione d'indifferenza, anzi di ridicolo. Con la precisazione che, il ridicolo, non era il motivo per cui tutti ridevano, bensì erano ridicoli coloro che ridevano.

Camminavo in centro con degli amici, a destra c'era un bar che aveva fuori una decina di tavolini tutti occupati, a sinistra il muro di un'abitazione, il corridoio pedonale, tra questi due, sarà stato largo circa tre metri. A sinistra, vicino al muro c'era un signore, nemmeno tanto anziano, la cui testa però non si vedeva, piegato in vanti, inginocchiato con anche la testa appoggiata per terra. Insomma, è difficile da descrivere; comunque non riusciva ad alzarsi, e piano piano stava alzando le gambe facendo leva sulle braccia, le cui mani non erano ben aperte sul palmo, ma si vedeva avesse una grande difficoltà. Vicino ad una delle sue mani, sembrava esserci un portafoglio.

Le persone sedute ai tavolini del bar, osservandolo, ridevano. Una ragazza, divertita, si è persino alzata per fargli una foto da vicino.
Un mio amico rivolto verso questa gran donna dotata di alta sensibilità, ha commentato dicendo ad alta voce: "Ma cazzo fa, questa?!"

Tuttavia io stessa, noi, non ci siamo fermati.
Che vergogna.
Verso di me, verso di noi.
Verso di loro.

Io mi sono vergognata di me, perchè non mi sarebbe costato assolutamente nulla fermarmi per chiedere se aveva bisogno di aiuto nel tirarsi su. Era ovvio che non riusciva per problemi di salute. E io l'ho ignorato. Non ho fatto altro che pensarci, non so perchè, ho semplicemente pensato: "Poverino, che sfortuna", ma basta. Non so perchè non mi sono fermata. Forse per paura di... cosa? Che magari lo ferissi? Sono stata un'idiota e basta.

Io, ma non solo.
Le persone ai tavolini sicuramente l'avevano visto cadere, sicuramente avevano capito che aveva qualche problema di salute. E tutti ridevano.
Quanti di loro ci staranno ancora pensando? Quanti di loro, faranno diversamente? Quanti di loro hanno scattato foto che lo derideranno e scorreranno in rete?
Ma soprattutto: quanti di loro si fermeranno pensare "Se fossi stato io?"

Per quanto possa servire, per quanto non credo che verrà mai letto, credo vadano date delle scuse, le mie per prima. Così non ci si comporta.

Scusa, piccolo amico, che tu possa perdonare la stupità, il ridicolo e l'indifferenza che sta affliggendo la nostra società.

Chiara

mercoledì 26 giugno 2013

I posti romantici....

Si cammina, si visitano strade, musei, ponti, parchi. Eppure quando ci si trova davanti oppure in un posto romantico lo si avverte, persino se non si è innamorati.

I posti romantici hanno quell'ebrezza d'amore nell'aria. 
I posti romantici fanno sospirare, fanno respirare.
I posti romantici recapitano malinconia e amarezza.
I posti romantici sprigionano speranza e voglia di... Amare.
I posti romantici fanno ricordare, ma, soprattutto, fanno sognare, immaginare, fantasticare.
I posti romantici hanno quel non so che che fa pensare che nulla potrà mai essere un errore, se fatto con il cuore. 
I posti romantici non fanno avere pentimenti, ma rimorsi sì.
I posti romantici provocano un pensiero verso chi si vorrebbe avere, ma non si ha.
I posti romantici danno smarrimento se vissuti male.

I posti romantici sono un quadro in un museo, l'angolo di un museo, un divano, un letto con un caminetto e un pianoforte in sottofondo, passeggiare con un leggero venticello che smuove i capelli, la riva del mare, un tramonto, un giardino fiorito, un giardino autunnale, un bosco, una terrazza incantata, un balcone unico, un cortile, un sorriso che imprevedibilmente c'è, un ponte, con o senza lucchetti, perchè l'importante è averlo nel cuore... Ma soprattutto un posto romantico è buttarsi da una scogliera e trovare un bel fondale.



I posti romantici causano batticuore, fremito, voglia di baci, se li si vive esattamente con chi si dovrebbe viverli: un amore, possibilmente, un Amore.

Chiara

lunedì 24 giugno 2013

Il silenzio è sottovalutato...

Pensavo che le casette in stile Heidi non esistessero o, per lo meno che fossero catapecchie. Quando i miei cari amici della, ormai famossisima, Valle Camonica parlavano delle tante agoniate baite nelle quali si rifugiavano nei mesi estivi, mi chiedevo sempre di che cosa stessero parlando.
Bene, sabato sera, l'ho scoperto.
Dopo ben quindici minuti di sterrato a bordo di un pick up che prometteva più divertimento del cinema 4D (se così si chiama) di Gardaland, arriviamo in una casetta sperduta nel bosco, arriviamo a questo:

                                              

Ma la foto non dice nulla. Va immaginato: passare dalla luce al tramonto, qui. Qui, nulla si vede e basta, ma tutto si ascolta, soprattutto. Perchè vi è semplicemente il silenzio.
Silenzio che non va sottovalutato, perchè è grazie ad esso, che si sente, e si sente davvero tutto: dal proprio cuore battere alla propria anima sognare. Nessun rumore, se non quelli d'obbligo, se non il respiro, se non la natura, come essere isolati, ma inspiegabilmente al centro di tutto. E' come stare al centro di una magia, come aver eliminato il superfluo con una bacchetta magica, come vivere una fiaba, in uno di quei racconti per bambini.
Questo silenzio che si avverte ovunque, dà pace che avvolge ogni cosa, ogni idea, ogni pensiero, dando solo serenità.
Inutile commentare la presenza delle stelle: lì erano davvero vicine, quasi da poterle toccare con gli occhi.
E lì, ho capito davvero cos'è una baita. Una casetta nel bosco, fantastica, ristrutturata, con un camino immenso,  e il fuoco acceso... Dove l'importante è ascoltare e ridere.
Lì ferma davanti a questo tramonto, davanti al verde, con un pail non mio, mi sono sentita semplicemente a casa, mi sono sentita davvero capace di respirare, di scrivere, di ascoltare, e pensare che tutto questo è sufficiente nella vita.
Grazie,

Chiara

venerdì 21 giugno 2013

Perchè scegliere o non scegliere il convitto come alloggio

La fine dell'anno si avvicina, e i futuri studenti universitari fuori sede, iniziano a chiedersi dove alloggiare. Comincia così la grande corsa nella visualizzazione di convitti universitari (statali o religiosi), appartamenti, stanze in affitto.
All'inizio del mio grande trasferimento, causa progetti sfumati per motivi con cui non vi annoierò, mi sono trovata in appartamento da sola. Dopo un piccolo periodo di prova, ho capito che questa non era la scelta adatta a me, ho deciso quindi, dopo attenta valutazione di optare per un convitto religioso (non avendo le credenziali per uno statale).

Questa decisione perchè credo che per effettuare la scelta dell'appartamento sia necessaria una gran botta di culo (passatemi il termine). E' necessario infatti conoscere i propri coinquilini. E non conoscerli un po' così, ma bene bene e ancora bene. Sono molteplici i racconti di coloro che hanno dovuto gestire situazioni appartamentali imbarazzanti, sono molteplici i racconti di coloro che si sono trovati... a piedi.

I convitti, invece offrono grande risorse di conoscenze. Se non fosse stato per il convitto mi sarei persa nella routine abitudinaria dello studente, senza fare quelle grandi esperienze universitarie che tutti raccontano. Tuttavia non è facile. I convitti richiedono il rispetto di alcune regole con cui non sempre si ha un buon rapporto. Inoltre, anche qui bosgna avere una gran bella botta di culo.

Perchè per chi viene dalla campagna, dai piccoli centri, non si è proprio abituati a certe situazioni, almeno per chi ha sempre avuto una grande fortuna in amicizia, come me. Io ho 4 amiche e con loro i rapporti sono saldi, definiti, si litiga, ma poi ci si abbraccia, e per la maggior parte del tempo: si ride, anche quando va tutto di merda. Inizialmente si pensa che "Tutto il mondo sia paese", ma la realtà non è questa, ci sono mille realtà differenti, e a volte basterebbero poche semplici regole: non giudicare, cercare di vievere bene, di fare esperienze, di fare delle cavolate, e di studiare (lo stavo dimenticando! Ahah!). E... non aspettarsi la botta di culo con tutti, ma semplicemente vedere se arriva ;-) . Io spero di cuore, di averla avuta ancora. :-)

Consiglio definitivo: convitto! Almeno il primo periodo, perchè certe esperienze non sono fattibili in appartamento e ne vale decisamente la pena ;-)

Chiara

mercoledì 19 giugno 2013

Storia di una libellula


C'era una volta una libellula, 
aveva una storia triste sulle spalle, ma non lo dava a vedere perchè sorrideva sempre. Solo i suoi colori erano un pò schiariti e potevano far intuire che ne avesse passate parecchie, tra cui, quella più sofferente: era stata abbandonata dal suo compagno di viaggio dopo che lui le aveva promesso di aiutarla e proteggerla sempre. Promesse volate via, ma lei era rimasta lì, ferma, incapace di andare avantio, se non che, un giorno, la libellula, piena di paure, aveva comunque ripreso il suo cammino perchè sapeva che era inutile scoraggiarsi! Semplicemente si ripromise di non dare più tanta fiducia a qualcuno perchè non voleva restare di nuovo ferita, lei voleva davvero volare in alto.

Un giorno si imbattè in un uomo, che rimase incantato dal suo sorriso e da quelle ali quasi trasparenti... L'uomo la invitò a percorrere un pezzo di strada insieme: la libellula, un pò titubante, accettò... Intrapresero un viaggio pieno di ostacoli ma insieme riuscivano a superarli tutti.
Una mattina però la libellula aprì gli occhi e vide il suo accompagnatore accarezzare un'altra libellula,  ma ecco quella paralisi tornare: lei fece finta di nulla. Questa volta non era rimasta bloccata, aveva scelto di agire così. Non credeva nelle scenate e, ormai, sapeva, che nulla poteva riparare il loro rapporto.
Quando lui tornò da lei per proseguire il viaggio, la libellula gli sorrise e lo seguì. La piccola creatura non riusciva a capire a che gioco stesse giocando l'uomo, ma era un periodo che lo sentiva strano, diverso, quasi più distaccato. Ma una sola domanda le assillava la mente: perchè le aveva detto di voler viaggiare con lei se poi, mentre in sua assenza, si intratteneva con altre libellule? 
Finalmente la libellula si accorse del problema vero, ed ebbe la vera risposta che cercava, anche se ad un'altra domanda: ci era ricaduta. Senza accorgersene aveva posto tutta la sua fiducia in quell'uomo, in quelle promesse, in quei baci, in quelle carezze. Si era abbandonata tra le sue braccia, e quasi incapace di volare da sola, aveva di nuovo ricominciato a volare accanto a qualcuno. Qualcuno che, però, la stava facendo precipitare.
Cosa fare, dunque? Decise di proseguire il viaggio da sola.
Approfittò della distrazione dell'uomo per andarsene, ancora una volta in lacrime, ma in rigoroso silenzio, senza sbatter d'ali. L'uomo, quando si accorse della sua assenza, iniziò a chiamarla, a cercarla, ad urlare il suo nome ovunque... Ma era troppo tardi... Come avrebbe potuto ritrovarla?



La storia è una metafora di errori che spesso si commettono in un rapporto, si fa sentire qualcuno meno speciale di quanto esso sia, non ci si accorge che con una frase, con un'azione, si possa ferire qualcuno più di quanto si possa pensare, più di quanto egli stesso dia a vedere.
Ci sono persone che vanno via urlando, rinfacciando la loro essenzialità, credendo che la loro assenza peserà tanto e continuano a gridarlo mosse dalla rabbia. Altre se ne vanno e basta. Sperando allo stesso modo che quell'assenza, pesi davvero, lasciando un vuoto silenzioso, un vuoto tardivo a chi resta. Il vuoto di qualcuno che si è davvero perso.

Storia scritta da una mia amica (l'idea principale è sua, tuttavia vuole restare anonima) e me :-)
Tanti baci,
Chiara

lunedì 17 giugno 2013

Il dispiacere della felicità...

Alzarsi una mattina e pensare: "Come sono felice!", alzarsi il giorno dopo e pensare: "Come sono felice!", alzarsi ancora la mattina dopo e pensare: "Come sono felice!", svegliarsi diversi giorni consecutivi avendo sempre lo stesso pensiero: la felicità.
Arrivare a sera sempre felici, sera dopo sera, con il cuore che sorride, gli occhi che sognano, ripetutamente e l'anima che ringrazia di questo sole così alto nel cielo azzurro.



Dedurre quindi che è: un periodo felice. Null'altro da dire. Null'altro da pensare, se no al desiderio e di conseguenza, al progetto di mettere in campo qualsiasi cosa per prolungare questa giornata di sole meravigliosa.

Forse. Null'altro da pensare? Come al fatto che qualcuno così felice non è? Come al fatto che si avvista una nuovola. Sul fondo. Non vicina. Ferma perchè non c'è vento. Eppure la si vede. E quella nuvola è stata causata da azioni, scelte meditate e decise. Quella nuvola ha portato la tristezza nella vita di qualcun altro, nonostante la correttezza, nonostante non ci fosse l'intenzione. Ma è un dato di fatto: da un'altra parte, piove.
Così la felicità acquista un sapore di.... . No. La felicità resta felicità, comunque. Non acquista nessun sapore. Anzi, la felcità sa di fragole, di ciligie, di pesche. Ed è per questo che ci si sente così, dispiaciuti, in colpa, perchè non si può fare a meno di sfruttare questo sole mangiando fragole fresche.

Chiara

venerdì 14 giugno 2013

L'importante è imparare, sempre

Capita spesso di lamentarsi per una giornata no, e quel no, in genere indica che si sono trovati tutti i semafori rossi, che si è dimenticato a casa il pranzo, che la lavatrice si è rotta, che si è raffreddati, o semplicemente che si è dovuto fare tutto di corsa.

Capita spesso di litigare per un fraintendimento, di discutere perchè un'amica non trova abbastanza tempo per l'altra, di arrabbiarsi perchè via whatsapp si risponde di corsa e senza faccine, di arrabbiarsi perchè uno schiaccia un piede all'altro, di arrabbiarsi perchè semplicemente si sbaglia nella vita. Tutti.

Eppure arriva quel giorno in cui tutto sparisce. In cui si vorrebbe poter tornare ad avere i banali problemi sopra elencati, o si vorrebbe non essersi arrabbiati per qualcosa. Tutto sparisce. Perchè, in genere, è arrivato un vero problema. Un lutto, una malattia, una perdita (non nel senso di sinonimo di lutto), un ostacolo reale per realizzare qualcosa.
Però non si può tornare indietro: ma in quel momento, in quell'istante si capisce cosa è davvero importante.

Purtroppo, spesso, superato il problema, affrontato il dolore, si torna a lamentarsi, a discutere per delle banalità. Allora sì che si è commesso un grave errore: non aver imparato nulla dalla negatività, e aver permesso ad un'esperienza di passare senza imparare nulla.

Questo non dovrebbe accadere, nemmeno per le esperienze positive, perchè spesso ci si dimentica, che tornano. Per tutti. :-)

Chiara

mercoledì 12 giugno 2013

Voglio un uomo che...

Voglio un uomo che mi svegli perchè non può aspettare il sole sorgere per parlarmi, voglio un uomo che aspetti impaziente una mia chiamata, voglio un uomo che mi mandi una buona notte da favola, voglio un uomo che mi faccia sognare anche ad occhi aperti, voglio un uomo che mi stringa a sè pensando di essere fortunato, voglio un uomo che non resista troppo tempo senza baciarmi, senza abbracciarmi. Voglio un uomo che mi riempia di baci anche mentre dormo, perchè noi donne: lo sappiamo.

Voglio un uomo che legga ciò che scrivo, voglio un uomo che sdriandosi la sera nel letto si senta solo perchè gli manco. Voglio un uomo che si preoccupi per me, voglio un uomo che mi aspetti se sono fuori in macchina. Voglio un uomo su cui poter contare in qualsiasi situazione io mi trovi. Voglio un uomo che noti come tossisco, come divento rossa, come ordino le spugnette con le quali faccio le pulizie. Voglio un uomo che di me ami per davvero come cerco le cose nella borsa, un uomo che ami come posiziono il piede in punta, tipo ballerina. Voglio un uomo che mi chieda cosa faccio il sabato sera, voglio un uomo con cui avere qualcosa in comune da poter parlare ore ed ore. Voglio un amico.

Voglio un uomo a cui poter dire che ho bisogno di lui, e che non ci sia nulla che regga di fronte questa affermazione. Voglio un uomo con cui guardare un tramonto, voglio un uomo con cui vivere il tramonto. Voglio un uomo che tra dieci anni si veda padre, voglio un uomo che tra dieci anni si veda con me.Voglio un uomo che mi voglia, un uomo che ami la mia espressività. Voglio un uomo che la capisca. Voglio un uomo che sappia leggere ogni mio pensiero, che lo capisca. Un uomo che, semplicemente, mi conosca.

Voglio un uomo che ami come piango, e che ami come amo. Voglio un uomo che mi veda tener in braccio un bambino, pensando a che, magari, potrebbe capitare anche a noi e ne sarebbe felice. Voglio un uomo che non mi faccia sentire sola, voglio un uomo da non fare sentire solo.

E voglio un uomo a cui poter fare provare tutto questo.
Voglio... Vorrei... In realtà quello che tutti vogliono... Vorrebbero, non nello specifico in un uomo, ma indistintamente nella persona giusta...

Chiara

lunedì 10 giugno 2013

Sogno ad un passo

I sogni non si decidono, i sogni si sentono, si avvertono. I sogni si mostrano a noi, non noi a loro. Provengono da una parte dell'anima, forse dalla parte più propria, quella che più caratterizza l'individuo.  Non si sa dove nascano, ma si sa dove permangono: nella testa, nel cuore, nell'anima, insomma: in ogni parte del corpo, fisica o mentale. Sono irrazionali, tanto che allo spiegare un sogno, allo spiegare perchè si ha quel sogno, non si riesce mai a esporlo con facilità.

I sogni stanno lì, permangono in ogni presente possibile, anche se, a volte, vengono chiusi momentaneamente in un cassetto o in più cassetti... finchè: ecco, arriva l'ispirazione, arriva il momento in cui si possono costruire. Momento che può essere molto lungo, ed impegnativo, quindi è più simile ad un periodo.

I sogni vanno realizzati come una casa, piano piano, passo dopo passo, nel momento giusto, nel periodo giusto; certo, poi tutto dipende dal sogno in sè, e, come sempre, non si può generalizzare. Ma i più richiedono un mattone dopo l'altro

Non bisogna aver fretta, con i sogni. 



"Quando sembravi essere solo a metà, o a meno di metà, quando pensavo fossi così distante, sei capitato. Sei arrivato lì in tutto il tuo splendore, in tutta la tua semplice bellezza. Hai offuscato ogni mio precedente pensiero, tutto era focalizzato sul fatto che tu fossi lì, fermo a guardarmi, fermo ad aspettare quel mio passo in più. Così mi sono accorta che manca mezzo metro perchè io ti possa prendere, afferrare... E brucia questo, fa molto male perchè la felicità, in questo caso, è ostacolata da una sola lacrima, ed io, questa volta non posso proprio farci nulla. Non posso proprio, altrimenti, sai che lo farei. Tu ed io lo sappiamo. 
Torna, ti prego, quando potrò. E farò di più, ma esci ancora da quel cassetto. Rafforzerò le fondamenta e creerò un altro piano, perchè averti così vicino, mi ha fatto capire quanto io ti voglia, quanto tu sia me.
Ciao mio dolce sogno, o meglio: a presto...

Per te, e per me, una grande dedica:" 

                                                 "Fai bei sogni"-Massimo Gramellini

Chiara

venerdì 7 giugno 2013

Il libro che mi ha cambiato la vita

CIME TEMPESTOSE - EMILY BRONTE

Cime Tempestose mi ha spiegato l'Amore, mi ha raccontato come vorrei che fosse il mio Amore, ha esternato in me il desiderio di trovare un'anima identica alla mia, il sogno di trovare qualcuno "Ancora di più uguale a me stessa di quanto possa esserlo io".
Cime Tempestose mi ha letto l'anima, il cuore. Esso mi ha mostrato che il peggior inferno sia perdere la propria anima identica, e, quindi, vivere senza di lei.
Cime Tempestose mi ha narrato come sia possibile pregare per il tormento eterno, purché quell'Amore resti accanto.

Cime Tempestose mi ha insegnato, che non tutto finisce con la morte, ma che si può restare uniti anche se in mondi diversi.

Chiara

mercoledì 5 giugno 2013

Giornate da dimenticare o da ricordare?

Ci sono giornate da dimenticare e giornate da ricordare. Eppure, come ha detto Michelle Demonte: "Niente imprime una cosa così intensamente nella memoria, quanto il suo desiderio di dimenticarla". 

Forse si dovrebbe voler dimenticare le cose felici, ed ecco servita la gioia su un piatto d'argento.
Fosse semplice. Ci sono giornate in cui non ci si riconosce, in cui si tira fuori il peggio, il meglio o forse semplicemente la verità su noi stessi.
Non so se ci si debba vergognare per mostrare realmente come si è. Non "Vergognare" in senso negativo, ma in senso di "Avere timore", "Avere pudore" per la propria intimità". Intimità che spesso nemmeno l'interessato vuole affrontare. Ma è un'intimità che spesso bisogna affrontare, quando non si vuole, quando si desidera fare tutt'altro, eppure ci sono giornate che portano allo scoperto ciò che non vorremmo, ciò che vorremmo dimenticare di noi, ma che, esce, perché deve uscire, perché è noi. 
Così, se posso dare un consiglio: affrontarlo una volta, spesso significa non ri-affrontarlo più, perché significa averlo accettato, allora: meglio prima che poi, no? Ed è in questo modo che una giornata da dimenticare, potrà entrare nella categoria delle giornate da ricordare. :-)

Chiara

lunedì 3 giugno 2013

Decisioni difficili

Ogni decisione, ogni scelta è difficile da compiere. Mi è stato chiesto spesso come si possa fare una scelta, come si possa prendere una decisione importante. Mi è anche stato detto che io lo faccio con abbastanza facilità, nonostante la mia apparenza indecisa.
Ma, veniamo al dunque: come si fa?
La cosa fondamentale non è fermarsi ad osservare i dettagli. La cosa importante è non perdere di vista l'obiettivo finale, cosa si vuole realmente, scriverselo e immaginare di arrivare lì. Nonostante ciò, però il presente deve essere piacevole, certo, i tempi duri ci sono per chiunque, nessuno escluso, ma se si vivono è perchè si sceglie di viverli, non di subirli.
Ed è così che va vissuta tutta la vita: le cose importante non vanno perse di vista, ma il tragitto è vita stessa pure lui, e non va tralasciato il modo di viverlo.
Qualsiasi scelta si faccia, l'importante è vivere, ma vivere per davvero, e per farlo ci vuole coraggio.

Concludo con una domanda, che mi è stata fatta sulle scelte difficili: "Come si riconosce la persona giusta?"
La risposta è di Claudia Sartirana: "L'istinto è molto forte, ma per costruire qualcosa di serio con una persona ogni parte del tuo corpo dev'essere convinta: dall'istinto, al corpo, al cervello e razionalità... è brutto da dire, ma forse la persona giusta è così che si identifica: quando ogni parte di te converge su di lui.. ogni parte.. e così dovrebbe essere conoscendo una persona sempre di più, così dovrebbe essere quando la si conosce, nonostante i brutti momenti.". Probabilmente già farsi questa domanda è una risposta. 

Cerchiamo di vivere, per davvero e sempre,
Chiara