mercoledì 29 gennaio 2014

Addii

Gli addi non mi piacciono, non mi sono mai piaciuti.
Inoltre, non so proprio dire addio. Al massimo dico un "Ciao", convincendomi che non sia un addio, anche se so, in realtà, che, di certo non è un arrivederci. Ma, forse, in tutto ciò vi è celata la speranza di un arrivederci.

Alle persone che mi interessano poco, a quelle persone che sono ormai conoscenti (magari anche solo per il semplice fatto che accade che la vita faccia allontare), non capita di dire addio. Succede che va così e, al momento non ci si fa nemmeno troppo caso. Quando ci si ripensa, dopo un po' di tempo, la cosa non ferisce nemmeno più di tanto.

Ci sono persone invece alle quali si deve dire addio, o meglio, non è che glielo si debba proprio dire a voce, ma, dall'oggi al domani, è necessario salutarle. O forse no. Forse se sono persone di contorno in un lungo addio, si fa fatica. E' un peso, un grande peso, e si evita semplicemente di affrontarlo. Perchè, in realtà, non si vorrebbe dire addio anche a quel contorno. Ed è poprio a quella cornice, quello a cui spesso si pensa. Perchè sono proprio quel bordo che manca tanto spesso. Forse sarebbe stato meglio un addio, dire il bene che c'era, ad alta voce. Magari avrebbe lasciato meno rimpianti.

Chiara

lunedì 27 gennaio 2014

27 gennaio - Giorno della Memoria

Cos'è il 27 gennaio
Il 27 gennaio del 1945 i sovietici liberarono il campo di concentramento di Auschwitz. Questa giornata è divenuta il simbolo del genocidio ebraico, ed è stata ufficialmente dichiarata, dal 2005, Giornata della Memoria, non solo in Italia, ma anche in altre nazioni, e dallo stesso ONU.
Il testo dell'articolo 1 della legge italiana definisce così le finalità del Giorno della Memoria:

"La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati."
Descrizione: https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjrLYELOpd-dZPfdpsc_5NdWZfcvfmadU2gv6W3W-vlKxbby83W6qt7sStC4GoBMGSX6pOjudniV_yt8lINQBZ8pUQffeJKbPYHGpiQZMyyDjQ3acUpYzqE_8uRIYLvm5uYv9SpAPL-S8zm/s320/scarpe.jpg

                                                       Foto scattata da Giulia Zen


Perché si ricorda

E' necessario ricordare, perché spesso nella vita quotidiana si sente ripetere la seguente domanda: "Perché pensare a cose negative del passato?" E questo vale spesso per tutto, non solo per eventi storici e tragici di così fondamentale importanza. E' necessarioricordare, pensare ad avvenimenti atroci, non solo per evitare accadano in futuro, ma anche, perché, semplicemente: sono avvenuti e non si può chiudere gli occhi davanti a certe situazioni solo perché scomode. 
Capisco sia più bello guardare un film comico piuttosto che affrontare ciò che realmente è accaduto, ma non sarebbe vivere: sarebbe solo una lunga dormita ad occhi aperti ed codardi.
Oltretutto, spesso ci si trova a combattere contro persone (altamente ignoranti) che negano l'Olocausto, negano quanto avvenuto, ed è fondamentale essere informati sul passato di tutti noi, per poter ribattere, per poter difendere la memoria.
Si pensa che ormai al giorno d'oggi sia impossibile incontrare persone che neghino la Shoah, sia impossibile incontrare persone che non sappiano (seppur i media non si risparmino), cosa sia la Giornata della Memoria. Ma non è così... a me è successo di incontrare persone poco informate. Quindi, per piacere, parlatene, non celatevi dietro una battuta simpatica, ma proviate a pensare che realmente è successo tutto ciò.

Immagini personali di Israele
Questo argomento mi sta molto a cuore e devo confidare che, quando facevo le elementari io, era necessario al termine della quinta, portare una "ricerca", una sorta di mini-tesina, e ricordo che portai proprio la Shoah.
Ho visitato ripetutamente Israele e credo sia una di quelle nazioni cariche di emozioni, dove non esiste solo la cultura da visitare, ma si visitano i sentimenti di un popolo. 
Mia mamma mi ricorda spesso di un museo, che ho visitato da bambina, ma purtroppo, nell'ultimo mio viaggio (nel 2008) non sono riuscita a visitare: il museo Yad Vashem, noto spesso come "Museo dell'Olocausto". Una parte di esso consiste in un edificio buio, dove una candela sempre accesa, con un gioco di specchi, simula migliaia di candele. Una voce legge il nome di tutti i bambini morti nell'Olocausto, uno ad uno.

Due poesie
Ho scelto due poesie per simboleggiare questo giorno: la prima è un po' più sconosciuta, le seconda, non si può non-conoscere.

LA FARFALLA - Pavel Friedmann
L'ultima, proprio l'ultima,
di un giallo così intenso, così
assolutamente giallo,
come una lacrima di sole quando cade
sopra una roccia bianca
-così gialla, così gialla!-
l'ultima, 
volava in alto leggera,
aleggiava sicura
per baciare il suo ultimo mondo.
Tra qualche giorno
sarà già la mia settima settimana
di ghetto:
i miei mi hanno ritrovato qui
e qui mi chiamano i fiori di ruta
e il bianco candeliere di castagno
nel cortile.
Ma qui non ho visto nessuna farfalla.
Quella dell'altra volta fu l'ultima:
le farfalle non vivono nel ghetto.


SE QUESTO è UN UOMO - Primo Levi
Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:

considerate se questo è un uomo

che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un sì o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.

Meditate che questo è stato:

vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi alzandovi;
ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.


Buon ricordo,
Chiara

sabato 25 gennaio 2014

Siamo ciò che gli altri vedono?

Vediamo un po': voi, con che caratteristiche descrivereste il vostro fidanzato, fidanzata? Un grande amico, amica? Un, una conoscente? Una persona che avete appena consociuto?
Ma soprattutto: come pensiate di essere descritti dalle persone a loro volta citate sopra?

Le caratteristiche, gli aggettivi che si individuano di una persona (chiunque essa sia, e qualunque cosa rappresenti nella nostra vita in quel momento), fanno quell'uomo, quella donna?
Cioè: quell'indivuduo è proprio così di per sè?

Credo la parola "Dipende", rappresenti l'esatto concetto, perchè, come sempre, generalizzare è sbagliato.

Infatti, se una persona fa sì che il 90% di coloro che la circondano e che non si conoscono tra loro, la descrivano in un modo, ecco, probabilmente tali caratteristiche corrispondono a quello che realmente lei è dentro.

Qualora invece, un individuo sia descritto in un certo modo da un numero ristretto di persone, o proprio da una singola persona, la risposta alla domanda è "No".
Proprio qui viene la parte interessante e provocatoria: se si è in un modo, in una modalità (metafora tecnologica) con una persona specifica, questo implica che sia quella persona a farci essere in quel modo.
E' una riflessione che mi ha fatto fare una mia amica: è chi ci circonda in quel momento che tira fuori le nostre qualità migliori o peggiori. Non è detto che sia la nostra natura.
L'idea, quindi, è quella di cercare di circondarsi delle persone che da noi tirano fuori il meglio, che ci fanno sentire bene e in una modalità di serenità. Non di quelle che tirano fuori dalla nostra anima il peggio di noi, quelle che ci fanno sentire talmente diversi da non essere più noi stessi. Fuggite da queste persone, correndo a più non posso, e rifugiatevi in coloro che fanno di noi il meglio.

Chiara

giovedì 16 gennaio 2014

LIBELLULE

Libellula, chi ti diè questo nome?
Chi scelse la successione musicale delle labiali,
li-bel-lu-la,
come note uscite dai tasti di un pianoforte?
Due grandi e colorate ali trasparenti, tremule e trepide, quelle sei tu.
E tanto alata sei che quando sorvoli le acque stagnanti e l'erbe dei prati
di te solo le ali si vedono, velate veline di seta lucente.
A volte ti fermi nell'aria, tu, senza peso e imponderabile, leggera aligera.

Se lieve sulla pista da ghiaccio io vedo una fanciulla
che forma aeree figure danzanti, e sicura volteggia, salta, si leva e atterra,
è a te che penso, a te paragono la sua leggerezza.
"Come una libellula"
vuol dire una controllata eleganza in una liberata energia.

E controllata eleganza e liberata energia, come la tua, cerca nelle sue frasi
lo scrittore mentre vola la sua fantasia
e a volte si ferma -come fai tu- e a volte arretra -come fai tu-,
sospeso anche lui e oscillante, accampato a mezz'aria.
Libellula, bella libellula, dai a lui le tue ali.

RAFFAELE LA CAPRIA


Foto scattata da Fabrizio Caloni - Grazie mille per questa e le tante altre foto!

Questa meravigliosa poesia l'ho trovata all'inizio del romanzo "Fiaba d'Amore" di Antonio Moresco, collana "Libellule Mondadori".

Non c'è nulla da commentare: la poesia dice tutto. E' stupenda.

Chiara

martedì 14 gennaio 2014

How to make a team? How we can be a team?

Come si crea una squadra? Come si fa a diventare una squadra? Come, d'un tratto, si sente di non essere più realmente soli? Come un rapporto normale si trasforma in una forza di vita?
Lo possono diventare tutti i rapporti?

Le risposte sono molteplici e variano a seconda della propria esperienza personale. Sono sicura, infatti, che ognuno potrebbe rispondere a suo modo a queste domande. 

Partiamo dal pricipio: sì, ogni rapporto può trasformarsi nella completezza di una squadra. Una squadra, infatti, non è altro che un rapporto completo, sia esso d'Amore o d'Amicizia. 
Il rapporto non è più un semplice relazione tra due persone, ma diventa un vero e proprio gioco. Gioco che è semplicemente vivere. Vivere, ma uno accanto all'altro, a prescindere dalle distanze. Certo, vedersi poco non aiuta, ma una squadra resta tale davanti ad ogni km. E più ci si accorge che quella squadra resiste, è forte, dura e dolce, premurosa allo stesso tempo, più essa permarrà nel tempo.

Ho parlato di "Due persone", in realtà esistono squadre anche con più componenti, ma credo sia più difficile trovarle, perchè significa che ogni membro deve avere lo stesso rapporto di squadra con tutti gli altri del gruppo.

Credo che le caratteristiche che una squadra debba avere siano quelle di fiducia, empatia, onestà di pensiero, trovare sempre nell'altra persona qualcuno che si incazza perchè ci ama, qualcuno che ci abbraccia anche durante un litigio, qualcuno che cerca di indirizzarci verso la retta via, qualcuno che non si stufa dell'altro, anche se certi argomenti si affrontano spesso, qualcuno che ci ama. E potrei andare avanti con molto, molto altro, ma il tutto si riassume nel terimine Amicizia.
Anche per l'Amore: l'Amore, senza Amicizia, non esiste. Si può diventare Amici, anche da già innamorati, non dico che lo si debba essere prima. Ma quell'Amicizia, quell'affinità, quella complicità, devono nascere, o tutto sarà destinato a svanire. Esattamente come un'amicizia, che non è realmente Amicizia (notate le maiuscole).
La complicità secondo me, è una delle cose più importanti, è quel "Parlarsi senza aprir bocca, ma solo con lo sguardo." E si ottiene comunicando, parlando, raccontandosi davvero tutto: da un pensiero banale, al più importante. Ci vuole anche tempo, molto tempo: credo una squadra si possa definire tale almeno dopo dieci anni.
Così, si capisce che la solitudine è andata via.

Allora, di Amicizia o di Amore che sia, il vostro rapporto sarà una squadra. :-)

Se posso dare un consiglio: diffidate dalle persone che dicono che non hanno un'Amicizia duratura, perchè, non è sfortuna la loro, ma solo incapacità di visualizzare giochi di squadra. Magari esse hanno anche una relazione d'Amore, ma se non si è capaci a mantenere almeno un'Amicizia, si è egoisti e con una visione limitata della vita. 

Alla mia squadra, anzi alle mie squadre, 
A Martina, a Carol, a Claudia, a Vania, a Eleonora,
miss you
Chiara

martedì 7 gennaio 2014

Alle donne che "Hanno due palle così".

Care donne,
inteso come sostantive del genere femminile: che abbiate 15, 20, 25, 30 anni, questo post è dedicato a voi.
Ma non a tutte di voi.
Questo post è per le donne che hanno "Due palle così".
Chi sono queste eroine?

Sono le donne che non hanno paura a dire un "Ti Amo" di troppo, anche se vorrebbero fosse detto a loro un "Ti Amo" di troppo.
Sono le donne che amano smisuratamente. Chi? Non per forza un uomo o un'altra donna. Ma se stesse, prima di tutto.
Sono le donne che a volte non vorrebbero alzarsi dal letto, ma lo fanno perchè devono.
Sono le donne che non hanno paura di frequentare tanti uomini o tante donne, pur di trovare il loro Principe.
Sono le donne che chiedono scusa, ma pretendono delle scuse.
Sono le donne che non si fanno calpestare.
Sono le donne che non hanno paura di parlare.
Sono le donne che non hanno paura di essere se stesse.
Sono le donne che i problemi li affrontano subito, non dopo mesi, quando saltano fuori casualmente.
Sono le donne che affrontano una delusione andando avanti.
Sono le donne che non si nascondono dietro la parola Amore (che poi non è Amore) per perdonare di tutto.
Sono le donne che sono scivolate su un verme, all'inizio, si sono anche umiliate ma poi hanno saputo dire "Basta".
Sono le donne che non hanno bisogno di un uomo per sentirsi realizzate.
Sono le donne che non necessitano di una finta storia d'Amore per vivere, ma cercano quella Vera.
Sono le donne che non hanno paura di stare sole.
Sono le donne che sanno dire che in quel momento va un po' maluccio, anche nella loro favola, eppure "Capita a tutti", e si lotta perchè essa possa andare bene.
Sono le donne che sanno chiudere una storia anche se amano ancora, perchè sanno che, non basta Amare per essere Amate, perchè sanno che non basta dirlo che si Ama, ma bisogna dimostrarlo.

E mi dispiace dirlo, ma sono sempre di meno queste donne.

Allora, per la prima volta, dedico questo post alle donne che non si sono piegate davanti ad un uomo, che non si sono accontentante, ma che sono andate avanti a cercare il loro sogno, e nell'augurio che esse possano trovare l'uomo adatto a loro, l'uomo che sia alla loro altezza, dedico questo post alle amiche che hanno davvero "Due palle così" e si alzano tutti i giorni con dignità, con la testa alta, per inseguire il loro sogno d'Amore, senza accontentarsi di un incubo.

A Claudia, a Flaminia, a Jessica, a Laura, a Eleonora F., a Daniela, ad Alessia, ad Eleonora B., ad Alessandra, e ad ultima, ma non per importanza, alla mia Mamma.

A voi che avete smosso mari e monti per trovare "Quello giusto", a voi che lo state ancora cercando.
Buona Fortuna ragazze, usate bene le vostre palle, che le avete!! ;-)

Un grande bacio,
Chiara

p.s. Le amiche che non ho citato, non sono necessariamente quelle che non hanno palle, ma magari, hanno trovato quello giusto subito, e non hanno dovuto affrontare le stesse pene delle altre, tutto qui! ;-)

domenica 5 gennaio 2014

Chi ci influenza di più?

Migliore amica, migliore amico, migliori amici, compagnia.
Fidanzato, fidanzata.
Famiglia.

Chi di questi tre gruppi crediate abbia più influenza su voi stessi?
Io credo che l'influenza più grande si abbia dalla famiglia.
La famiglia, fin da quando siamo piccoli influenza ogni cosa di noi. E' vero: il carattere lo abbiamo già insito noi, insisto probabilmente nei nostri geni, ma la famiglia (non intesa come biologica, ma nel senso più proprio del termine) crea l'ambiente, il contesto nel quale il nostro carattere si sviluppa.
La famiglia crea il modo di pensare, il modo di vedere il mondo.
La famiglia influenza il modo per cui si sorride, influenza se si predono in giro delle persone oppure no.
La famiglia incide sulle cose per cui ci si arrabbia, incide sulla sensibilità.
La famiglia condiziona il modo in cui le bambine vedono gli uomini, e i bambini le donne.
La famiglia ispira il futuro rapporto coniugale, e non solo: essa suggestiona il comportamento, i sacrifici che si faranno, o meno, per i propri figli.
La famiglia provoca un'onda di pensieri e di condizionamenti di cui noi nemmeno ci accorgiamo.

Posso fare un'affermazione di cui sono certa: la famiglia lascia tatuaggi sull'anima per cui non si può far nulla perchè sono lì, e non si possono togliere in nessun modo. L'unica scelta concessaci è la seguente, che, però, purtroppo, non si può applicare a tutti i tattoo: fare in modo che ci influenzi in positivo oppure in negativo. Ovviamente, è consigliata la prima opzione.

Chiara