mercoledì 28 maggio 2014

Uno sguardo dice, ascolta, chiede tutto.

Il fondo degli occhi è collegato all'anima. Di fatto è essa che dà allo sguardo quel non-so-che che fa in modo che un semplice occhio possa mostrare tristezza o gioia.
A volte, con una buona maschera si può celare tutto quanto, ma spesso non è così. Eppure solo certe persone capiscono quello che gli occhi dicono. Perchè si: gli occhi parlano.
Parlano dal e del cuore, parlano della paura, parlano del dolore e della gioia.
Ma per ascoltare gli occhi non basta usare le orecchie: ci vogliono altri occhi. Occhi comprensivi, occhi empatici, occhi che riescono a leggere anche dietro a iride e pupilla. Occhi che non si soffermano lì prima che inizi tutto. Però bisogna esserne capaci, e spesso, conoscersi molto bene, cioè: essere affini, complici, uniti.
Due persone affini, complici e unite possono parlarsi e dirsi tutto anche con uno sguardo. Infatti non è necessario parlarsi. Specialmente quando accade qualcosa di particolare: allora lì lo sguardo dice tutto, ascolta tutto, chiede tutto.



Chiara

lunedì 19 maggio 2014

Raccontami di te, nonna... Raccontami di te, nonno...


Raccontami di te nonna, raccontami di quando eri giovane...
Raccontami della guerra, di tua mamma, di tuo papà... 
Raccontami come il nonno ti ha chiesto di sposarlo, raccontami di come hai detto al nonno che eri incinta... Raccontami il vostro segreto...
Raccontami com'era fare la mondina, com'era fare la sarta... Raccontami se lo hai scelto, perchè lo hai scelto...
Insegnami a cucire nonna, insegnami a fare i tuoi gnocchi nonna.
A me piace leggere nonna, mi piace scrivere. Ora ti racconto di me, nonna.



Raccontami di te nonno, raccontami di quando eri giovane...
Raccontami dei tuoi genitori, nonno...
Raccontami di come ti sei innamorato della nonna, raccontami come vi siete sposati, raccontami del vostro viaggio di nozze di ben qualche ora a Venezia... Raccontami il vostro segreto...
Raccontami del tuo lavoro, raccontami quante cose hai visto, hai sentito, hai ascoltato.
Insegnami a fare l'orto nonno, insegnami a rimettere su la catena della bici.
A me piacerebbe fare la dottoressa nonno. Ora ti racconto di me, nonno...

Questa è una cosa che non tutti fanno. Non tutti ascoltano i propri nonni, non tutti gli si raccontano.
Si passa tempo a snobbarli, a salutarli senza baci come avessero la lebbra, a trattarli come un ristorante, come un negozio di cucito. Si va a trovarli e si sta lì 30 minuti. Eppure: non si fa caso che il tempo passa, che loro sono la nostra storia, che loro sono ciò che noi saremo, e che noi siamo ciò che loro sono stati.

Si fa questo errore con i nonni, e in generale succede anche con le persone a cui si vuole bene.
Poi tutto crolla: una malattia, come un tumore, può lasciare un lasso tempo, anche se a volte breve, per poter recuperare. A volte no. A volte tutto finisce in un soffio, senza che si abbia potuto avere il tempo di dire un "Ciao".


Questo è un errore che io non ho commesso: ma ho visto, sentito e ascoltato persone che lo hanno commesso, ma, almeno questo: io non l'ho fatto.
Consiglio a tutti di dedicare il tempo che si ha a propria disposizione alle persone per cui si darebbe la vita, a quelle che se scomparissero, cadrebbe il mondo. Questa dovrebbe essere la lista di priorità di ognuno. Non vale solo per i nonni, ma per tutti. Inutile pregare se si lascia solo un familiare.
Insomma: bisogna essere bravi a gestire tutti gli impegni che la società moderna ci impone, ma se non lo si fa per le persone a cui si vuole un bene dell'anima, come si può pensare di ver costruito anche solo un vero rapporto?

Se le persone per cui nutrite tanto affetto non lo ricambiano (oltre alle parole ci vogliono i fatti), allora insistete, ma se vedete che insistete troppo e non cambia nulla, lasciatele andare. Se perdonare oppure no, è soggettivo: vedrete in futuro.

Nel frattempo, sono stata fortunata a non commettere mai questo errore, e se questo post può essere stato utile ad almeno uno di voi per fare una telefonata in più a chiunque sia per voi importante prima che sia troppo tardi, ne sono felice.
Chiara


martedì 13 maggio 2014

Dimenticati

Una serie di pensieri confusi affollano la mente.
Pensieri che ero convinta di aver superato. Invece, ogni tanto, riemergono come un amaro caffè,con quella maledetta sensazione di essere sola. Sensazione che, nascosta dietro mille facciate, tutti, ogni tanto provano.
Ma per quanto essa venga celata sui profili Facebook o sul volto, è dentro che essa emerge: quando pensiamo di aver fatto un errore epocale a cui più si può porre rimedio, quando ci aspettiamo qualcosa da qualcuno che non arriva, quando qualcuno che consideravano amico ci volta le spalle, quando i nostri amici si dimenticano di noi, quando qualcuno ti chiama per un consiglio e fa finta di interessarsi a te, quando qualcuno a cui volevamo bene fa inutilmente l'ironico, quando si sa di aver ferito qualcuno, ma non volontariamente eppure egli reagisce come se così fosse. Quando si provano mille cose e non si sa più con chi parlare... Allora in quel momento si sa di essere stati dimenticati.
Chiara


mercoledì 7 maggio 2014

Candele che si spengono

Come si può dire: "Si, beh ma lo sapevamo..."? Oppure: "Si, ce lo aspettavamo..."? O ancora: "Però ha fatto una bella vita..."
Perchè io non mi abituerò mai a vedere una persona spegnersi.



Siamo tutti candele, candele che ardono una fiamma più o meno viva, ma che con il tempo consuma la cera, che si scioglie alla base. Ma la fiamma va avanti, brucia, brucia la fiamma. Finchè non consuma la sua più piccola parte restante. Prosciuga tutto la fiamma. Assorbe tutto. Piano piano anche l'anima.
Non mi ci abituerò mai a vedere questo processo.

Mi è stato detto, in passato, che per questa ragione non sono adatta a fare il medico, ma io, al contrario, credo che possa solo essere una valore aggiuntivo.

Chiara