17 aprile 2006
Fase: "cotte adolescenziali"
Sono seduta in camera mia. Sotto questo foglio le righe che
raccontano la storia e il pensiero di S. Tommaso scorrono, senza che io abbia
voglia di studiarle.
Così mi trovo ad osservare la bambola di ceramica che mia
nonna mi ha portato dall’America. È indiana e bella.
I suoi capelli neri scivolano deliziosamente sulle spalle,
avvolti da due fiocchi castani, intonati ai suoi occhi, che ne fanno due
codini.
IL suo viso è perfetto: riproduce dei lineamenti di una
bellezza quasi imbarazzante.
Ma è finta.
Il suo sguardo è perso nel vuoto, fisso. E le palpebre non
sbattono. La sua espressione è assente, anche se bella.
Il suo viso, perso e lontano con i suoi pensieri, sembra il
mio.
Poco fa,infatti, mi ero incantata a guardare il muro, bianco, davanti
a me, prima di incrociare i suoi occhi e di trovare questa similitudine.
Le mie guance, però, non sono paffutelle e color argilla
come le sue, ma rosse perché ho
appena finito di piangere.
I miei capelli, castani come i miei occhi, rivelano un po’
lo stato del mio spirito: pieno di vita ma stanco. I boccoli si agitano
ripetutamente vicino alle orecchie, ma non sono voluminosi, bensì si lasciano
andare.
Il mio viso non rispecchia la perfezione della bambola, ma è
pieno di difetti.
E il mio pensiero non vola smarrito lontano, ma torna
indietro a rivivere in miei ricordi, vicini. La mia mente è naufragata a ieri
sera. Non avrei mai scommesso di trovarmi a piangere nel gabinetto di un
cinema. E avrei perso.
I brutti momenti di ieri sera sembrano proiettati sul muro
bianco davanti a me. Non mi fanno studiare. Ma pensare.
Pensare perché a volte stiamo male per niente o per cose
futili, come quando il ragazzo che ti piace non vede altro che la tua bellissima amica.
Eppure ci sono cose molto più importanti. Allora mi sento stupida.
Ho tutto, ma niente. Non riesco a capire cosa voglia questa
vita da me. Non riesco a capire perché ho singhiozzato in bagno in quel modo.
Non riesco a capire perché oggi c’è il sole, e in me piove.
Ne ho passati di brutti momenti, e non per sciocchezze
simili. Nonostante ciò: sto male.
Mentre i miei occhi si stanno inondando di lacrime, la
bambola sfoggia la sua serenità.
Sembra mi stia sorridendo. È dolce.
Il suo contorno bocca, così perfettamente delineato sembra
voler concorrere contro il mio, che il rossore del viso, a causa delle lacrime,
fa sparire, sfumandolo.
"Passerà" dico tra me e me. Poi sorrido e giro la bambola in
modo che mi guardi negli occhi. Mi sento una sciocca.
Il suo vestito è castano con delle perline colorate che lo
rallegrano. Mi fissa.
Io ho su una vecchia tuta da ginnastica, nera.
Ma non le importa perché mi guarda negli occhi. Forse sta
confrontando i nostri pensieri.
Porca miseria, com’è strana!
Cosa devo fare? Qual è il mio obiettivo? Che senso ha
studiare così senza avere un sogno dietro?
Ma io ho un sogno.
I lineamenti della bambola improvvisamente cambiano e
diventa bionda, o meglio biondo.
Non sono impazzita, la mia memoria è andata ancora più indietro
nel tempo e il muro ha messo in scena uno spettacolo di tre settimane fa: un
amico mi sorride e mi dice: “Devi aver forza, bimba. Per dimostrare agli altri
quanto vali, io credo in te.”
Trasalgo. La bambola sembra aver vissuto al mio posto per
questi minuti. Per questo breve tempo non è stata più finta: ha vissuto in me,
mentre io rivivevo dei momenti che ormai sono storia.
Sorrido. Lei mi guarda.
“Ha ragione” le dico.
“Grazie” sussurro tra me e me.
Grazie bambola, grazie amico...