Alzarsi una mattina e pensare: "Come sono felice!", alzarsi il giorno dopo e pensare: "Come sono felice!", alzarsi ancora la mattina dopo e pensare: "Come sono felice!", svegliarsi diversi giorni consecutivi avendo sempre lo stesso pensiero: la felicità.
Arrivare a sera sempre felici, sera dopo sera, con il cuore che sorride, gli occhi che sognano, ripetutamente e l'anima che ringrazia di questo sole così alto nel cielo azzurro.
Dedurre quindi che è: un periodo felice. Null'altro da dire. Null'altro da pensare, se no al desiderio e di conseguenza, al progetto di mettere in campo qualsiasi cosa per prolungare questa giornata di sole meravigliosa.
Forse. Null'altro da pensare? Come al fatto che qualcuno così felice non è? Come al fatto che si avvista una nuovola. Sul fondo. Non vicina. Ferma perchè non c'è vento. Eppure la si vede. E quella nuvola è stata causata da azioni, scelte meditate e decise. Quella nuvola ha portato la tristezza nella vita di qualcun altro, nonostante la correttezza, nonostante non ci fosse l'intenzione. Ma è un dato di fatto: da un'altra parte, piove.
Così la felicità acquista un sapore di.... . No. La felicità resta felicità, comunque. Non acquista nessun sapore. Anzi, la felcità sa di fragole, di ciligie, di pesche. Ed è per questo che ci si sente così, dispiaciuti, in colpa, perchè non si può fare a meno di sfruttare questo sole mangiando fragole fresche.
Chiara
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