Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia serena,
circondata da amore e tranquillità. Tranquillità che si è interrotta con la
separazione dei miei genitori quando ero ancora una bambina. E’ inutile dire che le cicatrici che una
separazione lascia, le può capire solo un altro figlio di separati. Quella
sensazione di rottura rimane dentro di te ogni giorno, manifestandosi per lo
più nelle feste in cui una famiglia dovrebbe essere unita, come Natale.
Qualche anno dopo ho subìto un intervento alla colonna
vertebrale, andato bene, ma che per quei mesi mi ha fatto davvero capire cosa
voglia dire il dolore fisico.
Con alti e bassi fisiologici sono arrivata all’università.
Qui le scelte da fare sono aumentate, con le responsabilità;
d’altronde ero diventata grande.
Ho dovuto prendere una decisione importante, ho subìto un
lutto, ho fatto degli errori, che mi hanno portata a sentirmi umiliata,
degradata da chi mi sta intorno e non mi conosce poco. Di vista. Ho subìto
decisioni di altre persone, il divorzio, arrivato a ciel sereno dei miei
genitori (cosa che ormai credevo impossibile), e un’altra notizia che mi ha
sorpreso. Poi tre lutti, in un anno e mezzo.
I primi tre lutti sono stati sofferti, moltissimo. Sogni non
avvenuti, non ricordati e notti a piangere. I miei nonni. Il tempo passato con
loro, i ricordi sono qui dentro di me. Eppure, una sorta di “preparazione” li
aveva annunciati, anche se non si è mai pronti del tutto.
Un’altra cosa però, è stato il lutto di ieri. Improvviso. La
chiamata dei vigili, perché il mio numero era quello delle emergenze. E così
anche l’ultima persona che avevo di “quella generazione”, anche l’ultima
persona che aveva una barlume di “nonno” se ne è andato. Senza un avviso questa
volta. Senza poterlo salutare.
E la cosa che mi sconvolge è l’imprevedibilità della vita.
Come dicendo quel “Pronto” e sentendo i vigili, tutto sia cambiato. Come
qualche anno fa, sedendomi sul divano, qualcuno piangendo, mi ha cambiato la vita
in un modo gigantesco.
L’unica certezza che la telefonata di ieri mi ha dato, è
stata la conferma che, quando rifiutavo di uscire con le mie amiche, quando non
andavo a fare passeggiate la domenica in montagna o in centro, lo facevo per
vedere i “miei nonni” e “Ho fatto bene, non ho rimpianti.”
Tre lutti in un anno e mezzo però, sono duri da digerire.
Ciascuno porta il pensiero al precedente.
La cosa importante nel
caso degli affetti, è di non trascurarli mai, di cercare di non avere mai
rimpianti. Qualsiasi affetto essi ricomprano (figli, genitori, nonni, zii,
nipoti, cugini e persino amici), e soprattutto di non lasciare mai nulla di “non-detto”.
Anche con persone giovani, perché gli imprevisti e gli incidenti, possono
davvero devastare, soprattutto se “Non si è detto loro tutto”, ma, in realtà,
anche se non ci fosse nulla di nuovo da dire, dedicare tempo, è davvero il
regalo più grande che si possa fare a tutte le persone che si amano
davvero. In un famiglia, composta anche
da amici, questo non deve mai mancare.
Caro Silvio, ora starai ballando sulle nuvole con la mia
nonna.
Alla fine, tutta la vita è un gran Valzer, gira sempre tutto.
E voi ce lo avete insegnato benissimo.
Chiara