lunedì 6 gennaio 2020

Vite che scorrono troppo...

Vedo vite scorrere via, come un filo di nylon tra le dita intinte di olio. Le vedo scorrere come barche in un fiume che devono per forza correre e arrivare il prima possibile al mare, senza rendersi conto che arrivare al mare è la loro fine.

Trezzo sull'Adda-Centrale idroelettrica Taccani-Lungo Adda- Foto Chiara Bettini, soggetta a copyright
Una volta arrivati, niente potrà ripagare la bellezza di aver letto un libro coccolati dal dondolio dell'acqua, immersi nelle verdi montagne. Niente potrà ripagare una chiacchierata, un tuffo con i compagni di viaggio, che attenzione, attenzione: sono pochi, è inutile cercare in continuazione altre barche solo per scambiarsi un lontano "Ciao" e avere mille conoscenti. Solo i compagni di viaggio, quelli che hanno legato la loro barca alla nostra, sono le persone affini e sono così poche! Qualcuna magari si perde prima che si arrivi al mare, perché il mare di ognuno arriva in modi diversi. Proprio per questo, il tempo che si dedica loro, deve essere abbondante e di qualità.
Il tempo è tutto ciò che si ha per fare il viaggio, ed è uno spreco remare il più veloce possibile, urlare con barche lontane, non fermandosi a godere del viaggio perché, in fondo, si ha paura di quel viaggio. Si ha paura di se stessi, dei propri pensieri e quindi si riempie ogni minuto con futilità, con persone non affini, cioè non con quelle su cui si può contare davvero.
E quando si arriva alla fine, si può trovare solo il vuoto e il rimpianto di non-aver-vissuto perché per vivere davvero bisogna respirarle in pace le cose, le persone. 

Chiara 

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