giovedì 17 gennaio 2013

Seconda pagina preferita- I promessi sposi

Dal post di qualche giorno fa:

Ci sono varie pagine delle letteratura che mi fanno sognare, che trovo così poetiche e piene di passione, tanto che mi emozionano ogni volta che le sfoglio.
Così, visto che, ormai, è da un bel po' non aggiorno la sezione "Letture", ho deciso che le trascriverò in alcuni post. Questa è la seconda pagina di letteratura che amo: "I promessi sposi" di Manzoni.

                                                           Foto scattata da Giulia Zen

I PROMESSI SPOSI - Alessandro Manzoni
Non credo che qui serva il riassunto :-) almeno, lo spero! La pagina che più mi piace è quella nota come "la madre di Cecilia". Renzo nel XXXIV arriva in una Milano devastata dalla peste e resta impressionato dalla seguente scena cui assiste.

Entrato nella strada, Renzo allungò il passo, cercando di non guardar quegl'ingombri, se non quanto era necessario per iscansarli; quando il suo sguardo s'incontrò in un oggetto singolare di pietà, d'una pietà che invogliava l'animo a contemplarlo; di maniera che si fermò, quasi senza volerlo. 
Scendeva dalla soglia d'uno di quegli usci, e veniva verso il convoglio una donna, il sui aspetto annunziava una giovinezza avanzata, ma non trascorsa; e vi traspariva una bellezza velata e offuscata, ma non guasta, da una gran passione, e da un languor mortale: quella bellezza molle a un tempo maestosa, che brilla nel sangue lombardo. La sua andatura era affaticata, ma non cascante; gli occhi non davan lacrime, ma portavan segno d'averne sparse tante; c'era in quel dolore un non so che di pacato e di profondo, che attestava un'anima tutta consapevole e presente a sentirlo. Ma non era il solo suo aspetto che, tra tante miserie, la indicasse così particolarmente alla pietà, e ravvivasse per lei quel sentimento ormai stracco e ammortito ne' cuori. Portava essa in collo una bambina di forse nov'anni, morta; ma tutta ben accomodata, co' capelli divisi sulla fronte, con un vestito bianchissimo, come se quelle mani l'avessero addornata per una festa promessa da tanto tempo, e data per premio. Nè la teneva a giacere ma sorretta, a seder sur un braccio, col petto appoggiato al petto, come se fosse stata viva; se non che una manina bianca e guisa di cera spenzolava da una parte, con una certa inanimata gravezza, e il capo posava sull'omero della madre, con un abbandono più forte del sonno: della madre, chè, se anche la somiglianza de' volti non n'avesse fatto fede, l'avrebbe detto chiaramente quello de' due ch'esprimeva ancora un sentimento.
Un turpe monatto andò per levarle la bambina dalle braccia, con una specie però d'insolito rispetto, con un'esitazione involontaria. Ma quella, tirandosi indietro, senza però mostrare sdegno nè disprezzo, "No!" disse: "Non me la toccate per ora; devo metterla io su quel carro: prendete" così dicendo, aprì una mano, fece vedere una borsa, e la lasciò cadere in quella che il monatto le tese. Poi continuò: "Promettetemi di non levarle un filo d'intorno, nè di lasciar che altri ardisca di farlo e di metterla sotto terra così."
Il monatto si mise una mano al petto; e poi, tutto premuroso, e quasi ossequioso, più per il nuovo sentimento da cui era come soggiogato, che per l'inaspettata ricompensa, s'affaccendò a far un po' di posto sul carro per la morticina. La madre, dato a questa un bacio in fronte, la mise lì come sur un letto, ce l'accomodò, le stese sopra un panno bianco, e disse l'ultime parole: "Addio, Cecilia! Riposa in pace! Stasera verremo anche noi, per restar sempre insieme. Prega intanto per noi: ch'io pregherò per te e per gli altri." Poi voltatasi di nuovo al monatto, "Voi," disse, "passando di qui verso sera, salirete a prendere anche me, e non me sola."
Così detto rientrò in casa, e, un momento dopo, s'affacciò alla finestra, tenendo in collo un'altra bambina più piccola, viva, ma coi segni della morte in volte. Stette a contemplare quelle così indegne esequie della prima, finchè il carro non si mosse, finchè lo potè vedere; poi disparve. E che altro potè fare, se non posar sul letto l'unica che le rimaneva, e mettersele accanto per morire insieme? Come il fiore già rigoglioso sullo stelo cade insieme col fiorellino ancora in boccia, al passar della falce che pareggia tutte l'erbe del prato. 

Ogni volta mi commuove...
Chiara

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